sabato 31 gennaio 2015

I GENI DELLA LAMBADA

Non ve l'ha detto nessuno perchè certe armi segrete vanno tenute nascoste, ma Forza Italia è un partito avanti di dieci, che dico, venti anni rispetto ai competitors. Ha messo su, a insaputa degli avversari, una scuola politica occulta dove si formano le menti più sottili del partito più sottile che Berlusconi abbia mai avuto. Agli allievi non viene risparmiato nulla del meglio che si trovi sul mercato in materia di tecniche di vendita: analisi transazionale, programmazione neurolinguistica, strategie negoziali della Harvard Law School, intelligenza emotiva, scienze della comunicazione, psicologia comportamentale. Insomma, tutto il pacchetto delle più sofisticate tecnologie della manipolazione inventate nei lustri passati. I luogotenenti del Cav ne escono furbi più del demonio e riescono a metterla in saccoccia a chiunque. Pensate al famoso patto del Nazareno e alla sua declinazione pratica. L'idea geniale consiste nel fare in modo di concedere al rivale qualsiasi cosa e di fare in modo che ce l'abbia, impacchettata coi controfiocchi, senza curarsi di ottenere ciò che si è stabilito come contropartita. Questa specie di mossa del cavallo della diplomazia machiavellica è la trasposizione al contrario del motto beduino: io vedere cammello, poi dare moneta. Contempla, in soldoni, di far sì che Renzi si porti a casa l'Italicum (cioè quello che voleva da principio) e qualsiasi altra porcheria (job's act incluso) prima delle votazioni per il Qurinale. A questo punto, una volta calate le brache, ci si reca con piglio bellicoso dal nemico e, guardandolo come i cattivi nei film western di Sergio Leone, gli si intima: "Ora che ti ho dato anche il culo, fai come ti dico". L'eco della pernacchia che ne è seguita sta ancora facendo vibrare i cristalli dei lampadari di Montecitorio. Renzi ha obbedito e gli ha servito su un piatto d'argento Mattarella, come dire uno dei pochi a potersi vantare di essere antiberlusconiano dai tempi in cui a Silvio la politica interessava quanto la classifica dell'Inter. Però, i fenomenali scacchisti azzurri fanno bene a fare spallucce. E' il popolo bue a non capire, a restare indietro. E' tutto previsto, tutto calcolato. Sono loro a guidare le danze perché la lambada del potere solo i più fichi del bigoncio la sanno ballare.

STATE BUONI SE POTETE

Il nuovo presidente della repubblica negli ultimi anni ha brillato per la sua assenza. Schivo, riservato, uno di quelli che non si nota, ma che poi si fa notare al momento giusto pigliandosi tutta la posta. Magari sarà un grande capo di stato, chi può dirlo. Qui ci interessa di più il profilo in senso lato del nuovo inquilino del colle. A sua insaputa l'eletto è una metafora del mondo che verrà dove saranno premiati e ricompensati il silenzio e la discrezione, l'adeguarsi e il non far casino. Chiunque abbia cultura e competenze e savoir faire a sufficienza potrà ambire a ruoli di prestigio, purchè non faccia chiasso e si adegui. I tempi a venire pullureranno di figuri non necessariamente grigi (anche se è più indicato il tono su tono), magari sgargianti, ma silenti, lineari, mimetici. E che bisogno c'è di far gazzarra, che diamine! Gli obiettivi sono noti, le traiettorie tracciate da tempo, i 'compiti per casa' assegnati. Basta. Certo, ci vorrà il pedigree, la forma, il decoro, ma non è richiesto nient'altro. Non so se abbiamo il miglior presidente possibile, ma di certo abbiamo il presidente che ci meritiamo. Forse sarà anche l'ultimo votato perchè questa ridicola pantomima delle schede infilate in una fessura dovrà pur finire. Così com'è finita la dialettica di Peppone contro Don Camillo, della destra contro la sinistra, dell'uomo contro il capitale. E' sorta l'era del silenzio compìto, dell'austera obbedienza. Tornate alle vostre distrazioni che a tutto il resto pensa qualcun altro. Aveve avuto il Presidente della penisola dei famosi. Che volete di più? Zitti e mosca. E state buoni se potete.

AMMORBA IL GRECO

In pratica ci hanno dato in pasto la bufala di una Grecia che, in quindici anni, si è tramutata in un'accozzaglia di lazzaroni scansafatiche, evasori, corrotti e spendaccioni pilotanti la patria di Pericle sull'orlo del disastro e ora vittime delle giuste conseguenze. Ma fermiamoci a pensare. Quanti di noi sono stati in Grecia prima del nuovo millennio? Com'era l'Ellade? Un paese magnifico di sole strepitoso e mare ineguagliabile che si faceva beatamente i cazzi suoi in barba al deficit e al pil. Figli di un debito minore che ti guardavano e ti dicevano 'italiani e greci, una faccia una razza'. Ci credete davvero che, come d'incanto, si siano trasformati in un covo di banditi? E' razionale questa leggenda? E' logica? Oppure è successo qualcosa, un fatto improvviso che ha determinato la discesa degli eredi di Omero nel Maelstrom odierno in cui la mortalità infantile supera la natalità, le vecchine pascolano nelle immondizie, gli ospedali implorano il plasma alla Croce Rossa e i giovani vivono ai margini della disperazione? Cosa sarà mai? Sforziamoci che ci arriviamo. L'euro li ha rovinati scippandogli la sovranità, suggerendogli di truccare i conti, blandendoli con la merda d'artista spacciata per oro colato da ben noti speculatori internazionali per ingolfare i caveau di Atene con swap ultratossici. Ora si scopre che la Grecia è la patria dei furbetti del fisco. Forse che non lo era anche prima? Per caso gli altri virtuosi condomini nordici della Ue sono l'Eden dell'etica pubblica? Ogni paese ha le sue magagne, le sue rogne, ma il Peloponneso si grattava le proprie senza chiedere l'elemosina a nessuno, tantomeno a Christine Lagarde. Vendevano metaforicamente le loro isole da sogno a noi poveri tapini che tanto li invidiavamo per quel dolce fancazzismo a noi precluso. Oggi, le stesse isole le vendono realmente agli squali di Wall Street e delle altre borse mondiali. Telemaco è stato  ucciso dalla chemioterapia di Francoforte, un morbo che non fa prigionieri. Ci vorrebbe un altro Leonida e i trecento folli delle Termopili per fronteggiare e sconfiggere i Persiani di oggi. Tzipras, purtroppo, preferirà la proscinesi (prosternazione) ai moderni re dei re.

LA NEMOCRAZIA

Non facciamoci distrarre dal chi, concentriamoci sul come. Il tema, e il problema, non è Mattarella piuttosto che Amato. Sul colle finirà comunque uno zelante esecutore delle guide lines, come le chiama Renzi. Soffermiamoci invece sulle modalità con cui è stato eletto il nuovo Presidente e ci accorgeremo che coloro che auspicavano il dimezzamento dei parlamentari (cioè tutti, persino i renitenti al Sistema) sono stati superati dagli eventi. Il capo dello stato non è frutto di un dibattito tra seicento e fischia cittadini, in parlamento, ma di un dialogo tra due barra tre capibastone che, nel chiuso dei loro consessi riservati, hanno partorito 'il nome'. Insomma, se avessimo una democrazia fatta, anzichè di due camere, di due camerini formato loculo sarebbe lo stesso. I soggetti sedicenti parlamentari che poi passano sotto le campate chiuse dell'urna si limitano a ratificare una soluzione concepita altrove da un novero di Domini che si contano sulle dita di una mano. Poi i luoghi ufficialmente deputati a sfornare l'eletto fungono da coreografia del rito per darci l'illusione di contare ancora qualcosa. Da questo punto di vista, se domani Bruxelles ci chiedesse (nel segno della lotta alla casta e in ossequio a nuovi draconiani tagli agli sprechi) di ridurre il parlamento a un manipolo di cinque soggetti (uno per forza politica, tanto per garantire il pluralismo) non farebbe che fotografare l'esistente. Ecco a voi la nemocrazia, la democrazia di 'qualcuno', che vuol dire  di così pochi, ma così pochi che tutti  gli altri son nessuno.

IL GRILLO CALANTE

Per capire Grillo e i grillini non servono i livori della stampa di destra e di sinistra, e neppure le accuse di incultura politica e monomanie complottarde. Non occorre scomodare le eminenze grige formato Spectre che ne tirerebbero le fila, manovrandoli da tergo. Basta consultare le quirinarie on line. Ci rivelano più di qualsiasi analisi  polemica e faziosa dietrologia  l'anima del movimento che ha sognato di aprire il parlamento come una scatola di tonno e si è poi scoperto una scatola di tonno da cui le sarde sono in perenne libera uscita. E' sufficiente dare un occhio ai candidati scelti dalla 'cupola' e votati dalla 'base' per accorgersi che c'è un intruso che c'azzecca con il decantato nuovismo dei 5 stelle quanto un elefante in cristalleria: Romano Prodi. Il simbolo della paleopolitica democristiana anni Ottanta, l'artefice di quell'Ulivo che ci trascinò nel gorgo dell'eurofogna, il notaio del famoso cambio da millenovecentotrentaseivirgolaventisette lire per un 'marco', l'uomo per tutte le stagioni dell'anti berlusconismo, il leader meno carismatico e più balbettante della  storia patria. Insomma, Prodi dovrebbe stare in calce a tutti i manifesti del Vaffa day, invece campeggia fra i titoli di testa del film sul Nuovo Presidente che frulla nei sofisticati cervelli pentastellati. Non solo viene scelto da chi comanda, ma (il che è persino peggio) viene stravotato da chi obbedisce. Ecco la sintetica risultante dell'irrestistibile ascesa di chi doveva rivoltare la politica italiana come un calzino.  In effetti, rivoltanti.

SOVRANITA' LIMITATA

Fenomenologia di uno stato barbone. Ovvero, come cavarsela quando pensavi di essere una Repubblica indipendente e sovrana e ti accorgi che qualcuno ti ha sottratto cadrega e forzieri. Ai tempi in cui Berta filava ed eravamo titolari di un Ministero del Tesoro coi controattributi e di una banca nazionale al primo asservita (diciamo fino al 1981 per pignoleria storiografica), le necessità pecuniarie per soddisfare i bisogni dei concittadini  (do you remember the welfare state?) le finanziavamo da noi. In virtù di una sorta di partenogenesi monetaria potevamo ordinare ai cassieri di Stato di comprarci i titoli del debito quando e come volevamo. Era quel circolo virtuoso di simmetria bancaria di cui tutt'ora beneficiano popoli con debiti infinitamente più pesanti dei nostri tipo quelli americani, inglesi e nipponici. Sia come sia, ora che la pacchia è finita, il re che può fare? Chiedere ad altri (fondi) sovrani di investire da noi. Ed è quello che ha fatto il valvassore fiorentino. Pur di attrarre capitali nel Belpaese ha concepito un decreto detto Investment compact con una regoluccia che 'congela' le norme fiscali per chi imvestirà nella penisola più di 500 milioni di euro. Questa non è nuova. Ormai è chiaro che i doveri verso l'erario sono un imperativo etico kantiano per  noi sudditi (e guai a chi sgarra, pena il pubblico ludibrio) e una variabile indipendente quanto lo svolazzo di una zanzara per i Pantaloni del pianeta. In ogni caso, la bozza del citato decreto prevede che i fondi sovrani mediorientali e cinesi e i cosiddetti  private equity (i grandi capitali privati) potranno fruire di questa esenzione se ci compreranno i gioielli di famiglia. Il governo, bontà sua, ha identificato alcuni settori strategici che devono rimanere in mano nostra: energia, trasporti e infrastrutture, ma durerà per poco, vedrete. Per fare cassa, ormai, persino l'alienazione del colosseo di Totòtruffa rischia di diventare un'ipotesi praticabile. Esauriti i poteri sovrani ci cucchiamo i fondi sovrani. Un Presidente del Consiglio che implora arabi e cinesi di fotterci l'argenteria di casa ci mancava. Toccato il fondo, è ora di cominciare a scavare.

IL SILENZIO DEGLI INDECENTI

Approfondiamo ancora un po'  la questione della BCE, soprattutto quella della segretezza. Abbiamo oramai capito che questa insigne istituzione funziona un po' come la Morte Nera della saga di guerre stellari, cioè la nave madre in grado di intervenire se gli equipaggi esterni sono in difficoltà. E proprio come il ciclopico astrosatellite ha delle armi segrete provvidenziali tipo questo bazooka che spara micidiali raffiche di denari quando la popolazione soffre. Ma da dove vengono i nocchieri, gli amministratori, i componenti del mitico board della torre francofortese? Di sicuro, sono indipendenti, questo ce lo ripete mane e sera ogni canale televisivo. La BCE è indipendente, per nostra fortuna, quindi non prende ordini da niente e da nessuno. Fantastico! Finalmente una istituzione autonoma, con la schiena dritta non corrotta dal marciume della politica. Un momento... ma dove li hanno trovati questi essere puri, incorrotti, scevri da ogni interesse terzo e in grado di pilotare, con gandhiana virtù, le sorti della moneta comune? Probabilmente si tratta di avatar reincarnati e scesi sulla terra per salvare le povere anime in pena. Forse per questo sono liberi dai gravami del fisco (che affliggono noi comuni mortali) in base agli artt. 3 e 21 del protocollo sui privilegi e le immunità dell'Unione Europea.  Ecco cosa li rende per definizione indipendenti e naturaliter autonomi. In ogni caso,  lo statuto del SEBC (Sistema europeo delle banche centrali) non dà una risposta in proposito. In compenso ci fornisce alcune chicche strepitose. Innanzitutto, l'art. 10.4 prescrive che le riunioni hanno carattere di riservatezza e solo il Direttivo può decidere di renderle pubbliche. Quindi, nell'era in cui si esige lo streaming per qualsiasi riunione di condominio, il board della BCE ne è esentato. Ergo, l'ente dotato del vero, decisivo, ultimativo potere di ogni entità sedicente sovrana, in grado di condizionare il nostro avvenire (come pacificamente ammesso da qualsiasi politico od opinionista) non è tenuto a dirci cosa succede nel suo Sancta Sanctorum. Il bazooka ha il silenziatore, insomma. Chiedete a Renzi, Grillo & compagnia se gli è mai venuta, en passant, l'idea di esigere trasparenza, oltre che per i loro imperdibili ed epocali confronti, anche per gli 'alieni' 'autonomi e indipendenti' della banca centrale europea. I media di regime comunque non ne parlano, anche senza silenziatore. Gli viene naturale.

DEPOSITI E PRESTITI

Vabbe' dai, ragioniamo con calma. Non può essere vero che i nostri politici degli ultimi trent'anni, oltre che ladri fossero pure stupidi. Possibile abbiano ratificato, senza parlarcene, l'articolo 123, comma 1 del TFUE  (trattato di funzionamento dell'Unione Europea) laddove prevede che la nuova banca centrale, non solo si pappa tutte le prerogative esclusive della bankitalia che fu, ma non può finanziarci il debito come accade in qualsiasi paese sovrano? Insomma, hanno dato il placet alla frode senza chiederci il permesso?  Nelle more ci hanno propinato referendum di tutti i tipi (sul nucleare, sulla caccia, sulla pesca, sull'indennità di contingenza, sugli orari dei negozi) e su questa enormità non un fiato? E la libera stampa era in pausa caffè? Parlano tanto di Europa dei diritti e della democrazia e poi mettono in piedi un sistema dove il rubinetto ufficiale del debito disseta le banche e non gli stati? Ci rifiutiamo di crederlo. Deve esserci un passpartout per districare la maledetta matassa. In effetti, a ben vedere, c'è. Per quanto si siano rivelati distratti e assonnati coloro cui lautamente stipendiamo il soggiorno a Bruxelles, un codicillo salvifico esiste. E' il 123 comma 2 per il quale il divieto del comma 1  “non si applica agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell'offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca centrale europea lo stesso trattamento degli enti creditizi privati”. Significa, al netto del burocratese, che una banca pubblica può aggirare lo scoglio e rifinanziarsi alle mammelle dell'Eurotower agli stessi tassi dei privati. Tenetevi forte perchè un istituto siffatto ce l'abbiamo: si chiama Cassa Depositi e Prestiti. Potrebbe beneficiare dei prestiti a costo quasi zero di Sua Maestà e poi acquistare titoli del debito italiano a tassi non più disumani. Oppure acquistare i medesimi a tassi di mercato cosicchè la differenza sarebbe comunque lucrata dalla mano pubblica (che partecipa la CDP). In entrambi i casi, la conseguenza sarebbe evidente: immediato alleggerimento del debito sovrano con risparmi annuali in termini di decine di miliardi di euro. Purtroppo è un'idea intelligente, quindi scordatevi di trovarne traccia nel Patto del Nazareno.

BEATI I RICCHI

Ci sono concittadini nati con la camicia che, in questa valle di lacrime, in queste uggiose giornate, ricevono improvvisamente una telefonata dalla banca di fiducia che dice loro, più o meno: senti, ti prego, ti imploro, ho bisogno che tu accetti un prestito (un mutuo, un accredito, chiamalo come ti pare) di centinaia di migliaia di euro e te lo do a un tasso di interesse dello 0,50%. Non siete tra i pochi baciati dalla grazia? Peccato, ma vi assicuro che esistono. E dicono di sì,   come Eva al serpente, da persone assennate. Poi pigliano la vagonata benedetta e la convertono in investimenti prudentissimi del 2-3% per garantirsi una rendita da sogno. Com'è possibile, vi chiederete? Merito di un acronimo: Tltro (Targeted long-term refinancing operations), la penultima trovata dei draghi di Francoforte (prima del bazooka, intendo). Trattasi di decine di miliardi di euri prestati allo 0,25% (dicesi zerovirgolaventicinquepercento) alle banche europee a una condizione: che prestino i baiocchi ricevuti alle famiglie e alle imprese. Geniale trovata nella terra del Mago di Oz che ci ospita: cari banchieri, io, vestale della pecunia, insignita del titolo onorifico di BCE, vi gonfio di contanti purchè facciate ripartire la crescita e non li investiate in vili speculazioni. E così, i destinatari della manna che fanno? Pigliano la cornetta del telefono e chiamano i clienti super ricchi, quelli che tanti ne hanno che disfarsene non sanno e li blandiscono così: ascolta 'ammia, purtroppo la casa madre mi ha messo 'sto vincolo del menga ergo se voglio accedere ai liquidi devo prestarli a famiglie e imprese, ma siccome accà niusciuno  è fesso  io li dò solo a chi già ne ha pieni i caveau, ti va? L'italiano fortunato che può fare? Si sacrifica, è ovvio. Vorrai mica intristire una di quelle stesse entità che, tra fine 2011 e inizio 2012, hanno ricevuto in dote 255 miliardi senza lo schifosissimo ricatto di destinarli alla gente comune grazie al meno impegnativo ltro (long-term refinancing operations)? Così va il mondo nell'era della Crisi, all'insegna dell'evangelico motto: a chi più ha, più sarà dato.

IL BAZOOKA E LA BA-ZUCCA

Ma allora i soldi c'erano, mannaggia! Sono sei anni che ci dicono che sono finiti, che le casse languono, che dobbiamo tirarli fuori noi o svenandoci di tasse o sfinendoci di consumi e, improvvisamente, veniamo a sapere che la BCE da qualche parte teneva le riserve per i periodi di vacche magre: ben 1.140 miliardi all'anno, cioè 60 miliardi al mese. Ottimo, dirà l'uomo della strada (prossimo a diventare l'uomo 'sulla strada'), ma perchè la nostra banca centrale si è svegliata solo ora? Non si era accorta della crisi? Solo per questo andrebbero licenziati tutti i componenti del cosiddetto board. Dopotutto, riflette l'uomo della strada, la BCE è roba nostra, di noi europei, è un'istituzione comunitaria. Quindi, questo ritardo nell'irrorare l'economia asfittica del continente equivale, nella migliore delle ipotesi, a un errore imperdonabile. In un mondo normale sì. Ma noi viviamo come le alici (i pesci) nell'acquario delle meraviglie dove succedono cose impensabili tipo il quantitative easing che è una parola straniera difficile pensata apposta per confondere le acque delle alici. Significa, terra terra, stampare biglietti verdi, arancio, viola e blu detti euro esattamente come farebbe la rotativa di un clan di falsari. Lo chiamano con un parolone anglofono proprio perchè l'omino della strada non si faccia troppe domande. Tipo questa: ammesso che sia possibile generare la ricchezza con una fotocopiatrice Canon (è il quantitative easing, bellezza!) quand'è che lo Stato Italiano potrà giovarsene? Mai. Per legge, mai. L'articolo 123 comma 1 del trattato di Lisbona impedisce alla 'nostra' banca europea di finanziare a tassi bassissimi i 'nostri' stati mentre le consente di farlo con i banchieri privati. Quindi il bazooka di Draghi (come è stato ribattezzato dai media) sparerà denaro contante nei pingui forzieri di chi il denaro già ce l'ha e acquisterà non titoli di debito pubblico 'nuovi' cioè emessi ex novo dall'Italia, ma solo quelli già esistenti sul mercato secondario, cioè detenuti dalle banche private. Poi questo stesso denaro, se vorranno e quando vorranno, i banchieri privati lo 'venderanno' a un prezzo adeguatamente lucrativo ai poveracci bisognosi (noi). Post scriptum per l'uomo della strada: la BCE non appartiene a te, ma a quei banchieri cui gira il denaro che poi gli stessi ti prestano.  Non ci capisci niente? A loro va bene così: col bazooka coltivano gli zucconi come te.

domenica 18 gennaio 2015

JE NE SUIS PAS COJON

Allora, facciamo per un attimo rewind. Ci sono questi due balordi, border line, cresciuti nelle banlieue parigine a pane e jihad, che entrano in una redazione con la lucida memoria visiva di un mnemonista rinascimentale, chiamando per nome e cognome ciascuna vittima ed eliminandola, per poi uscire freddando con un colpo al cranio, da killer professionisti, il poliziotto moribondo, requisire un auto e, essendosi portati la carta d’identità da casa… Ripetiamolo insieme dieci volte: essendosi portati la carta d’identità da casa. Okay, adesso dovremmo essere disipnotizzati che basta. Fosse un film thriller, usciremmo facendoci restituire il biglietto o, al massimo, aspetteremmo cinque minuti per accertarci che non si tratti di una commedia trash. Ma la farsa non è finita. I cialtroni si dimenticano in macchina il documento. Ripetiamolo insieme dieci volte (perché, magari, nel frattempo, qualcuno ha acceso la tivù): i cialtroni si dimenticano in macchina il documento… È questa la chiave di volta di tutta la faccenda che consente, in poche ore, l’arrivo della più torrenziale cavalleria della storia data per ovvia e scontata dai media: ottantottomila tra gendarmi francesi, teste di cuoio, reparti speciali braccano i due geni della lampada. I quali, anziché infilarsi una parrucca e perdersi nei meandri della tentacolare metropoli come farebbe qualsiasi essere umano col quoziente intellettivo di un macaco, si danno alla macchia in una sorta  di City Sightseeingtour su e giù per i declivi della Piccardia. Intanto, il complice prima uccide una poliziotta e poi va all’arrembaggio di un supermarket come un fuori di testa qualsiasi in preda a impulsi omicidi-suicidi. By the way, i due fratelli Pirly, o Pirlà se preferite, dopo aver inneggiato ad Allah fuori dalla redazione del giornale (a scanso di equivoci sulla matrice dell’attentato), rubano un’auto a Montagny-Sainte-Félicité, nel dipartimento dell’Oise e, incrociando un passante, si raccomandano come gli orchi o le fate nella favole della buona notte: “Se qualcuno ti farà domande, tu dì che siamo esponenti di al-Qaeda dello Yemen”. Quindi partono i fuochi d’artificio. L’amico Coulibaly chiama un’emittente tv francese, la Bfm, per chiarire un fatto che, altrimenti, poteva restare oscuro e cioè che lavora in tandem coi  fratelli Kessler del Califfo, ma lui è dell’Isis, gli altri di Al Qaeda (così abbiamo il dream team del terrore). A questo punto del movie, fosse un movie, vi stareste rotolando per terra dalle risate rosolandovi con coca cola e pop corn e avreste deciso di tenervi il biglietto perché di comici così non ne facevano dai tempi di Totò. Ma deve ancora arrivare il meglio. Le quasi novantamila unità d’elite mobilitate (trentamila soldiers per ciascun sicario, a cui Superman e i Magnifici Quattro gli fanno una pippa), una volta localizzati i due, anziché tirare una bombetta soporifera da cartoleria di paese, anziché addormentarli  con un proiettile da elefante, anziché friggerli con la famigerata elettropistola Taser (indisponibile perché sotto carica) in modo da averli vivi e poterli interrogare e processare, crivellano di colpi gli stragisti. Costoro, per facilitargli il compito, escono sparacchiando come Paul Newman e Robert Redford in Butch Cassidy & Sundance Kid. Così non potranno più smentire o confermare o rivelare alcunché. A prescindere da tutto, ammazzarli è stata davvero l’idea del millennio. L’amico sottosviluppato, che c’è sempre in ogni compagnia e bazzica molti  salotti televisivi, a sentire i commenti dei super esperti di questi giorni, vi ammonirebbe: avevano già confessato in diretta alla Bfm! Ah giusto, hai ragione. Ma è mai possibile che digeriamo questa trama? Certo che è possibile perché, negli ultimi quarant’anni, ci hanno somministrato storie ben più assurde. Infilate come perline, eccone alcune: abbiamo creduto che uno spirito si manifestasse a un futuro campione della politica nazionale, tal Romano Prodi, per sussurrargli il nome della via Gradoli, prigione di  Aldo Moro, abbiamo creduto nella coincidenza per cui decine degli appartamenti del condominio dove lo statista DC era sequestrato appartenessero ai servizi segreti, abbiamo creduto a tutte le incongruenze monumentali dell’11 settembre, abbiamo creduto che la guerra in Irak fosse sacrosanta perché Saddam teneva le armi di distruzione di massa, abbiamo creduto a Madeleine Albright, segretario di stato Usa, quando dichiarava che la morte di cinquecentomila bambini iracheni per l’embargo U.s.a. era un prezzo accettabile, abbiamo creduto  giusto e logico che il corpo di Saddam (il pericolo pubblico numero uno dell’evo moderno), ‘provvidenzialmente’ ucciso, venisse disperso negli oceani con un funerale islamico a bordo di una portaerei  yankee. Ecco il punto di non ritorno, quello in cui, da qualche parte, si è capito che siamo talmente fessi, ma talmente fessi e così manipolabili da bere praticamente qualsiasi panzana se ripetuta a batteria da un coro di emittenti sufficientemente servili o asservite a sufficienza. Urge un appello alla dignità intellettuale e all’intelligenza dignitosa di ciascuno di noi, quella che faceva dire alle maestre di una volta, con sguardo ammonitore: ricordati di pensare con la tua testa. Cosa deve fare chi rifiuta di farsi lavare i neuroni come un docile ‘benpensante’?  Intanto, rispondere piatto a chiunque gli chieda un’opinione sulla strage di Parigi: non ne penso nulla perché non credo a un solo frame di ciò che mi hanno raccontato. Alleluja! Sarebbe nato un nuovo piccolo scettico radicale, il radicale libero che, unito a tutti gli altri, manderebbe in frantumi la cellula di menzogne, anzi la bolla di balle, in cui siamo premurosamente coltivati. Ma allora chi l’avrebbe architettato e perché? La risposta del cittadino scettico non sarebbe quella ‘sbagliata’ (da complottista della domenica), ma quella giusta: non so chi l’ha architettato (che non significa 'fatto'), ma non credo alla versione mediatica più di quanto creda alla calza della befana. Ora, nell’attesa che piccoli scettici crescano, altri interrogativi premono: cosa produrrà questo show? Semplice: l'ennesimo macroscopico, gelatinoso, tentacolare etat d’esprit, cioè un ‘complesso stato mentale comprendente posizioni ideologiche, politiche, emotive, valoriali implicanti la disposizione a comportarsi in un certo modo’. Quello che è accaduto a Parigi, al pari delle twin towers, di Madrid 2004, di Londra 2005, è nient’altro che un interruttore psichico capace di far switchare in contemporanea la mente e i sentimenti di milioni di persone su una serie di frequenze non ancora ‘frequentate’ abbastanza da farsi massa critica: la recrudescenza della linea di faglia Occidente-Islam (sostitutivo della dicotomia letale USA-URSS che tormentò i sonni dei nostri padri), la necessità di una compenetrazione tra i servizi di Intelligence a discapito di privacy e libertà, il dovere di una maggiore integrazione europea a tutti i livelli a buon pro degli autokrati di Bruxelles perchè ‘contro il terrore ci si difende solo insieme’. In definitiva la sintesi hegeliana della dialettica ‘buoni-cattivi’ cioè paura, controllo, sottomissione. Questi i temi caldi dei mesi a venire  in grado di pascolare  un gregge ‘consenziente’ alla greppia di obiettivi funzionali all’etat d’esprit fermentato nel sangue dei morti parigini. Per chi non voglia rendersene vittima, partecipe o complice resta solo uno scetticismo estremo, sfrontato e disincantato al grido di:  je ne suis pas cojon.

LO ZEN E L'ARTE DI SPRECARE CRESCENDO

Il Koan è una forma meditativa del Buddhismo Zen che consiste nel proporre una affermazione, spesso in stile poetico, irriducibilmente paradossale che serve a risvegliare la consapevolezza. Tipo: "Ascolta il suono dell'applauso di una mano sola". Bene. Se usciamo per qualche minuto dalla condizione di incantamento in cui siamo immersi c'è uno strepitoso Koan su cui meditare circa il futuro delle nostre sorti individuali e di civiltà. Abbiamo questi due concetti chiave: crescita e spreco. La crescita consiste nel fatto che la gente inizia a spendere denaro, non importa dove e come, l'importante è quando, cioè sempre, in qualsiasi modo possibile, lecito o anche illecito. Alle vestali della crescita non frega più di tanto in cosa consista la lievitazione dei consumi, basta che sia ritmitca, veloce, magari anche vertiginosa. Tant'è vero che Bruxelles ha inserito nei fattori che possono implementare il PIl di un paese anche le imprese criminali e l'indotto sommerso dell'illecito. Veniamo adesso allo spreco, cioè la cosiddetta spesa pubblica improduttiva. In cosa consiste? Ad esempio nell'acquisto di macchine inutili, nell'edificazione di cattedrali nel deserto, nel pagamento di enti fantasma, nella retribuzione faraonica di funzionari fannulloni. E allora? Dov'è il problema? Non si tratta forse di soldi che entrano in circolo e aumentano la crescita? Forse che il dipendente pubblico eccessivamente retribuito poi getta lo stipendio nel water? Forse che i soldi usati per comprare materiali, vengono poi sepolti nella tundra? No di certo. Vengono utilizzati per comprare altri beni, cioè per rilanciare la crescita. Ecco a voi un bel Koan: gli sprechi favoriscono la crescita.

INTERESSI SUL CREDITO PUBBLICO

Le isteriche reazioni collettive al rientro di Greta e Vanessa dalla Siria certificano quanto la nostra società si sia fatta arida e occhiuta quanto un contabile di bottega. Del resto, anni di bombardamento mediatico sui ritorni taumaturgici della spending review e sull'ossessione per le spese della casta e per la riduzione del debito non passano invano. Quindi diviene roba da pubblico ludibrio l'aver pagato un riscatto di dodici milioni per due ventenni sequestrate in Siria dove erano volontariamente andate a far volontariato. Ma proviamo a guardarla all'incontrario, posando sul leggio la calcolatrice da ragionieri. Ripensiamo ai nostri vent'anni, a cosa facevamo, per cosa ci appassionavamo, quali ideali ci nutrivano. Ora chiediamoci se avremmo mai trovato il coraggio, la forza, le palle oppure l'incoscienza, la stupidità, l'arroganza (è lo stesso) per partire, armi e bagagli, alla volta di un confine lontano a rischio della vita. Greta e Vanessa lo hanno fatto palesando una coscienza di sè e del mondo, una consapevolezza dei suoi problemi e delle sue storture (per quanto distorta, a sua volta, dall'euforica presbiopia dell'età) straordinarie. Per quanto se la siano cercata, per quanto ci abbiano costretti a spendere quattrini del salvadanaio domestico per pagare i sequestratori, per quanto siano state avventate ai limiti della sconsideratezza, come si fa a non provare un moto di stupore (orgoglioso) per il loro sproporzionato sprezzo del pericolo e per il loro eccentrico 'senso del dovere'? Soprattutto in considerazione del valore che le muoveva: aiutare qualcuno in una zona di guerra terremotata dal caos e dall'odio. Se a vent'anni hai questa furiosa intraprendenza, a quarant'anni quanto potrai dare al tuo Paese? Forse abbiamo salvato due grandi personaggi del futuro, chi può dirlo? Di certo, avere speso dodici fottutissimi milioni di euro per toglierle dalle peste in cui si erano cacciate va bene. Anche se qualcuno dei soloni che oggi le censura (magari gli stessi che a vent'anni anzichè portare medicine ai caduti, tiravano le molotov per provocarli) le avrebbe preferite a casina, a tentare colloqui di precariato in un call center aziendale, ce le teniamo volentieri così. In fondo, quei denari li avremmo comunque scialati per ricompensare gli usurai del debito. Ergo, meglio averli investiti in due giovanissime e 'folli' italiane non ancora intruppate nelle minimalia della nostra crisi quotidiana.  Diamo loro credito e coltiviamone altre. Si tratta, per una volta, non di debito, ma di credito. In qualche, modo stanno facendo e faranno l'interesse pubblico, il nostro. Fidiamoci.
 

SIAMO TUTTI (CON) CAROLINA

Dunque, hanno condannato la grande Carolina Kostner, a un anno e quattro mesi di squalifica per omessa denuncia del fidanzato Schwazer, il marciatore trovato positivo e ritiratosi poi dalla carriera agonistica. Embè, direte? Chissenefrega di due sportivi figli di una disciplina minore che sono stati pure coinvolti in questa storia poco edificante per le loro carriere sportive. Dovrebbe importarvene assai, invece, perchè il principio applicato in questo caso di giustizia sportiva ha a che fare con un concetto orrendo che viene sempre più progressivamente sdoganato nell'immaginario collettivo: quello di delazione. Carolina non è stata sospesa per aver fatto uso di doping, ma per non aver denunciato il proprio fidanzato che ne faceva uso. Ora, il problema non è se la Kostner lo sapesse o meno. La vera questione è che, se anche lo avesse saputo, avrebbe fatto benissimo a non dirlo a nessuno, tantomeno alle autorità, per un principio di elementare buon senso e di etica 'minima' della convivenza civile prima ancora che per amore del proprio compagno. E se anche le norme prevedono una condanna di chi non denuncia, sono le norme ad essere a sbagliate, non la popolare pattinatrice. Per ora si tratta di codicilli del Coni, ma se non stiamo in guardia diverranno regole conclamate della futura convivenza 'incivile'. Alle Commissioni, ai Comitati, alle Autorità non basta controllarvi in una misura sfuggita ormai a qualsiasi... controllo. Vogliono di più. Pretendono l'istituzionalizzazione della 'spiata', della silente e felpata perfidia con cui il nemico, l'avversario, o semplicemente l'antipatico può essere consegnato ai gendarmi. Nella Repubblica di Venezia, i foglietti intinti nel curaro e consegnati ai Dogi cominciavano con le parole 'persona per hora secreta' (persona che intende, al momento, restare anonima). Il caso Kostner è una prefigurazione allegorica di ciò che la Rete Informazionale che ci avviluppa esige: anche denunciare il fidanzato è un dovere per le nuove Tavole della Legge.  Iniziamo ad allarmarci ora, prima che sia troppo tardi.

VIVA LA FCA

Ci sono dei fatti, in genere ignorati o non commentati dai TG di punta, che ci spiegano, più di mille parole, la prigione in cui viviamo e i motivi per cui ci siamo fatti intrappolare. Uno di questi è l'annuncio che FCA, cioè l'avatar con cui la vetusta Fiat ha deciso di cavalcare il terzo millennio, ha ottenuto da Bankitalia la licenza 'bancaria' ed ha registrato Fca Bank S.p.a. Questa nuova entità (frutto di una joint venture con Credite Agricole) potrà così giovarsi di uno dei più insigni e rari privilegi del mondo globalizzato: attingere alle sacre fonti della Moneta. Altrimenti detto, Fca Bank S.p.a. potrà partecipare alle aste con cui la BCE (in teoria la banca di noi europei) dà da bere (termine appropriato visto che parliamo di liquidità) rotoloni di banconote alle banche continentali al tasso dello 0,15%. Incredibile, vero? Rockerduck, il miliardario, a Neurodisney può farsi prestare i quattrini stampati dalle rotative di Frankfurt godendo di un tasso 'da paura'. Questo consentirà alla ex Fabbrica Italiana Automobili Torino, ora Fiat Chrisler Automobile, di urlare 'piatto ricco, mi ci ficco' e di partecipare insieme ai banchieri  di merende del vecchio continente ad approvigionamenti strepitosi, tipo i 26 miliardi di euro dell'ultima 'botta' somministrata a fine anno da Draghi ai suoi colleghi. Quindi, il Sistema concepito dalle menti cui abbiamo delegato l'eutanasia della nostra sovranità, fa in modo che coloro che dentengono i denari (id est le banche private) ne abbiano ancora di più a prezzi che definire stracciati farebbe torto ai saldi della Befana. Pazienza, qualcuno avrà ben pensato a garantire lo stesso trattamento agli stati, cioè a noi tutti? Ehm... No. Tutto il contrario. Lo hanno proibito. Infatti, lo Statuto Europeo delle Banche Centrali (SEBC), vieta che la BCE, dopo aver munificato di  fiorini  Rockerduck,  possa farlo con gli stati. In verità, l'articolo 21.3 del Sebc permetterebbe prestiti senza limiti agli istituti di credito pubblici, tipo la Cassa Depositi e Prestiti (questo però si sa, ma non si dice e non si dice perchè non si fa). In definitiva, gli stati, cioè noi in ultima istanza, andassero pure alla Fiera di Mastrandrè (le mitiche Borse, i gloriosi Mercati)  dove gli stessi fenomeni (bankers, collaterali, partecipate & affini) che raccattano prestiti 'agevolati' con la ruspa dello 0,15%  elemosinano, col cucchiaino da the,  ai cittadini prestiti a tassi 5-600 volte superiori. Ora, in un sistema del genere, se foste Marchionne, non vi verrebbe da ridere al pensiero di quanto idioti siano i 'compatrioti' europei che si fanno abbindolare dalla retorica Parigina per poi acconsentire alla creazione di un meccanismo di instabilità programmata come quello appena descritto? Certo che lo pensereste e vi verrebbe anche voglia di fargli il gesto dell'ombrello e una sonora pernacchia, ai citoyens (come Sordi ai lavoratori nel celebre film) commentando, soddisfatti: Viva la FCA.