domenica 23 novembre 2014

IUS SANGUINIS

Renzi ha dichiarato, con la solita insuperabile maestria nel partorire immagini d'impatto e slogan ad effetto, che è finita l'era del trattino e che il suo Pd non ha bisogno di esami del sangue, che è di sinistra come è sempre stato e rivendica la storia della gauche, la sua identità plurale, le sue culture e le sue radici. Poi si cimenta nel pezzo forte del suo repertorio: la 'ristrutturazione' che, nella disciplina della programmazione neurolinguistica, è una sorta di gioco di prestigio verbale con cui non cambi la realtà, ma il modo in cui la guardi, e, così facendo, ipnotizzi e disorienti-convinci l'interlocutore. Tipo: 'Ho profondo rispetto per i lavoratori, ma credo che altrettanto rispetto sia da chiedere nei confronti di un governo che sta cambiando il mondo del lavoro per evitare che alibi e tabù tengano fuori dal mercato milioni di lavoratori' (traduzione: vedete di non rimpere i cosiddetti perchè sto lavorando per far sì che dall'estero vengano a investire in Italia, e per farlo, ho bisogno che i vostri diritti del menga non costituiscano un problema per chi mette la grana). Oppure: "Penso che il modo più utile di difendere i diritti dei lavoratori sia estenderli a chi ancora non ce li ha" (traduzione: penso che il modo migliore per invogliare Paperone ha investire da noi, sia estendere il suo diritto di licenziare i paperini nuovi anche ai paperini vecchi). O ancora: "Non si poteva pronunciare la parola sinistra senza premettere qualche prefisso per attenuarla, quasi a prendere le distanze" (traduzione: oh grulli, destra e sinistra son categorie che non esistono più, ma il brand tira ancora da matti, ergo il marchio me lo son preso e guai a chi me lo tocca, anche perchè, se non disturbo i manovratori, me lo fanno usare quando e quanto voglio). Last but not least, la chicca dell'esame del sangue. In tal caso, però, ha proprio ragione il premier: l'esame del sangue, per capire cosa sia il pd, non è assolutamebnte necessario. E forse neanche il sangue. Quello lo pigliano direttamente dai lavoratori.

LACRIME DI COCCODRILLO

Stefano Fassina, già viceministro e responsabile economico del Pd bersaniano, giunge a sorprendenti, e condivisibili, conclusioni sugli autentici target del Job's act renziano. Fior da fiore: 'l'obiettivo vero del Job's act è la libertà di licenziamento' (vero); 'questo Pd mi preoccupa perchè è sempre più in linea con gli interessi più forti' (vero); 'l'innovazione proposta da Renzi è solo un'illusione: l'illusione che svalutando il lavoro si possa generare crescita e impresa' (vero). Tutto giusto, a parte l'individuazione del primo colpevole, che non è Renzi. Renzi è solo il terminator di una serie di scelte che, a cascata, ci hanno portato fin qua e di cui il Pd (in cui Fassina tutt'oggi milita) è stato mandante: dall'ingresso miope, se non cieco, nella moneta unica (con un cambio da vergognarsi), all'adesione supina ai maledetti trattati, dall'accettazione incondizionata del mercato libero e senza barriere all'adesione al Mes, dall'inclinazione a novanta gradi alle 'esigenze' germaniche all'adesione a trecentosessanta alle logiche e ai bisogni della bancocrazia tecno finanziaria di Bruxellese, dal fiscal compact al rapporto deficit-pil. Non c'è un solo passaggio, per quanto idiota e antidemocratico degli ultimi vent'anni, a cui il Pd non abbia dato l'avallo con zelante 'liberalità'. Li avete mai sentiti alzare la voce contro la 'mitica' riforma Hartz del mercato del lavoro teutonico (musa ispiratrice del Job's act e matrice di milioni di precari a gettone)? O contro il delirio del Mes o del Fiscal compact? O contro le macroscopiche attribuzioni delle istituzioni comunitarie non elettive e le loro potestà di interdetto e di veto nei confronti degli stati 'sovrani'? Ci ricorda la favola di quel pastore di pecore che decise di allevarsi dei cuccioli di caimano e poi si stupì quando i crocodyles, fattisi i denti, gli divorarono il gregge. Fuor di metafora, Renzi è solo il più brillante esemplare di una nidiata che il Pd ha generato in provetta, alimentandone il credo e i valori e accorgendosi troppo tardi di quanto fosse cresciuto e di quanto, nel frattempo, fossero deperite le pecore. Chiaro che il cocco, uscito dalla vasca, la prima cosa che pensa è: "E mo' me le magno". Ma l'assassino, come sempre, non è il sospettato più 'facile', ma il maggiordomo. E il maggiordomo (dei poteri forti), caro Fassina, da almeno tren'anni è proprio il Pd.

domenica 16 novembre 2014

DI DESTRA E DI SINISTRA

Illuminante post di Antonello Angelini su Il Giornale.it da utilizzare quando qualche n(euro)illuso vi racconterà che l'Italia è un paese medievale non al passo con i tempi che non sa cogliere le strepitose opportunità offerte dall'Europa Unita. Di solito il maldestro e sedicente secchione vi strizza l'occhio e dice: ma lo sapete quanti soldi buttiamo via  per non saper accedere ai fondi messi a disposizione dalla munifica Ue? Fate un bel sospiro e ricordategli che quei soldi sono nostri, cioè denari che escono dalle nostre tasche, volano a Bruxelles e poi (solo in parte) tornano al mittente (sempre noi) se il destinatario sa destreggiarsi in un ginepraio burokratico da far invidia al Castello di Kafka. Ma le parole contano zero, quando cantano i numeri: il contributo italiano per salvare altri paesi e altre banche è stimato da Bankitalia in 60 mld di euro (15 volte l'imu prima casa, per intenderci). Da notare che dei circa 28 mld di euro stanziati dalla Ue a favore dell'indigeno italico, 14,5 mld non sono stati ancora utilizzati (fonte Eurispes). Ma, nota bene, buona parte di queste risorse alla magnifica comunità le abbiamo fornite proprio noi. Funziona un po' come il Mes (Meccanismo europeo di stabilità): lo Stato elargisce i soldi a un ente terzo (la famosa 'Europa') e questa 'Entità' glieli presta in caso di bisogno. Lo so che vien da ridere ma più o meno tutta la Kostruzione di Bruxelles funziona secondo logiche da manicomio criminale. Dulcis in pro-fundo: se le regalie ad oggi  non impiegate (13,5 mld) non saranno spese entro il 31.12.15, l'Italia dovrà rinunciarvi. Ecco il vero motivo che dovrebbe indurre gli italiani a indignarsi, altro che lotta alla casta e agli sprechi. E ogni singolo premier di ogni singola coalizione che ci ha governato negli ultimi venticinque anni dovrebbe essere chiamato a risponderne, qualunque sia il colore della casacca per la quale ha dichiarato di giocare. Gaber si chiederebbe: è di destra o di sinistra uccidere la dignità di un popolo? E avrebbe pronta anche la risposta: sostituire la 'o' con la 'e'.

LA NUDA VERITA'

Il fisico britannico Matt Taylor dell'Esa (Agenzia Spaziale Europea) è strato costretto a un atto di contrizione nonchè a pubbliche scuse (l'equivalente delle ottocentesche bacchettate sulle dita) per essersi permesso di presentare al mondo lo storico approdo sulla cometa del Lander Philae (staccatosi dalla sonda Rosetta) indossando una camicia decorata da pin up. Dicesi pin up una donnina discinta dalle forme esuberanti. Quindi, nell'era più disinibita ed erotizzata della storia, dove il corpo maschile e femminile è esibito 24h/24h in tutti i dettagli della sua nudità, un povero scienziato ha dovuto fare ammenda per una blusa con troppe curve. Accusa delirante: sessismo. L'episodio non meriterebbe commento per l'ignobile stupidità che lo connota (e non parliamo del professore, ma dei suoi detrattori) non fosse che per un aspetto. E' paradigmatico di quel processo sempre più spinto che potremmo definire come 'pulizia etnica' delle idee. La coralità prepotente dei media ci proibisce il 'dire' determinate idee e il 'fare' determinate cose che, per ragioni non sempre chiare, sono tabù. Così, l'Occidente finisce per diventare più bacchettone e moralista del tanto vituperato Islam con la differenza che, nel secondo caso, c'è almeno la scusante di un credo religioso ispirato a valori trascendenti, nel primo c'è solo un'operazione opaca e poliziesca di controllo delle coscienze, ispirata da coloro che le coscienze le vogliono controllare. C'è una linea di difesa? Certo, ribellarsi sistematicamente e orgogliosamente ai nuovi psico-reati orwelliani, esprimersi con le parole non dicibili, sfidare il cosiddetto politically correct (che è in realtà uno stupidly correct) ogniqualvolta quest'ultimo  esige un 'retto' modo di pensare e parlare odioso e 'scorretto'  per la nostra indipendenza intellettuale. In definitiva, il vero scandalo delle pin-up di Rosetta non è nella camicia, ma nelle scuse cui è stato obbligato chi aveva deciso di indossarla.

domenica 9 novembre 2014

OLLELLE’, OLLALLA’, CHIUDE LA PADANIA, CHIUDE L’UNITA’

Dopo l’Unità chiude anche la Padania, due testate politiche che, piaccia o non piaccia, per gran parte della loro storia hanno risposto alla linea editoriale di ‘movimenti’ (il P.c.i., il P.d.s., la Lega) e hanno fatto cultura seminando coscienza civile nutrita di passioni. Due giornali diversissimi ma uguali, differenti nella scelta delle battaglie e dei valori di riferimeno, ma identici nella scaturigine, cioè la convinzione civica di poter cambiare le cose a colpi di ‘pensieri’ liberi e non assoggetati a potentati terzi e anonimi. Non soggetti, insomma, a qualche gruppo industriale o al patto sindacale  di maggioranza di un agglomerato di aziende nazionali o sovranazionali. Il beota medio, di cui l’Italia abbonda, applaude soddisfatto: finalmente una spesa pubblica improduttiva viene eliminata, finalmente il latrocinio di risorse statali viene, almeno in parte,  tamponato. E brinda perchè la casta ha subito un altro duro colpo. Tra poco capitoleranno gli altri quotidiani e riviste di partito e il beota, cresciuto a pane e propaganda, andrà in visibilio finchè rimarranno solo macerie fumanti: niente più giornali di partito, niente più finestre per esprimersi al di fuori di una logica puramente di mercato. Il che fa il paio con l’eutanasia del Senato e dei corpi elettivi intermedi. Chi non ce la fa a sostenersi da sè (cosa più che probabile per l’organo di stampa di un partito) si arrangi. In Veneto aggiungerebbero, all’indirizzo del beota: “bravo mona”. E a buon diritto, perchè quando avremo fatto piazza pulita dei giornali ‘di regime’ che, per quanto finanziati coi soldi nostri, esprimevano idee di popolo (di una ‘parte’ di popolo, si intende), quindi pubbliche quindi non inquinate da interessi economici, ma semmai solo da ‘visioni del mondo’ ci resteranno solo i media mainstream, foraggiati da chi ha la grana per farlo. Dagli stessi, probabilmente, che, un livello sopra del beota, oggi godono ancora più di lui e fan la ola: ollellè, ollallà, chiude la Padania, chiude l’Unità.

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Stupiti o stupidi?

Siamo stupiti. La BCE ha annunciato che stamperà  mille miliardi di euro per rilanciare l’economia e tutte le teste d’uovo di cui disponiamo, i cosiddetti esperti versati in quella misterica disciplina che risponde al nome di ‘Economia’ hanno dato la notizia commentandola in vario modo, ma evitando accuratamente di porsi le domande banali che l’uomo della strada si fa ma non ha coraggio di esplicitare per non passare da rozzo minus habens: dove diavolo li ha trovati tutti questi ‘dobloni’, la banca centrale europea? Se li presta poi in giro, come ha precisato di voler fare, è di certo in possesso di un controvalore effettivo. Ha forse scoperto un giacimento di oro zecchino e ha mandato gli gnomi esploratori ad estrarlo dalle caverne? Si è accorta di avere in cassa dei preziosi che non aveva contabilizzato? Ha beneficiato dell’eredità di un lontano zio d’America? Insomma, tutta questa colossale montagna di quattrini (di carta decorata e di metallo vile) che improvvisamente sgorgano dal nulla zampillando come le fonti sacre nelle apparizioni mariane, avrà pure una sua contropartita ‘reale’, giusto? Non è mica possibile che i mastri ferrai di Francoforte  si limitino a stampare ad libitum (cioè a piacere) rotoloni di euro, manco fossero una tipografia di falsari. No, non può essere, anche perchè poi questi stessi denari li prestano agli stati e se li fanno pagare con gli interessi. Di sicuro c’è una risposta intelligente, ma nessuno la fornisce. Forse perchè la domanda è troppo stupida per essere presa in considerazione o perchè siamo noi troppo stupidi a non farcela.

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Se c'entro come c'entro?

Siete proprietari di un appartamento condominiale e colui che, non avendo tempo nè energie per occuparvene, avete nominato da poco come amministratore dell’immobile, vi dice: ‘Sai cosa? Da circa vent’anni i tuoi amministratori pagano dieci per avere di ritorno cinque e, a malincuore, riconosco che io non mi sono sottratto a questo fraudolento andazzo’. Lo prendereste a calci in culo, immagino, se siete reattivi e collerici. Oppure lo invitereste con garbo a occuparvi degli affari suoi e a tenersi ben lontano dai vostri, se siete miti e ben educati. Qualcuno potrebbe biasimarvi? No di certo, anzi, vi chiederebbero perchè siete stati così stupidi da non dare una controllata ai vostri conti domestici per due lustri interi. E se anche l’amministratore vi rispondesse che lo avete nominato da un anno appena, gli rispondereste che non c’entra una beneamata mazza. Visti i conti, prima di farsi nominare e accettare l’incarico, avrebbe dovuto mettervi sull’avviso e impegnarsi solennemente e ripianare lo scandalo e a denunciarne gli artefici. Bene. Ora leggete  e meditate nel vostro cuore questa notizia. Matteo Renzi, all’esito del suo muscoloso braccio di ferro con le burocrazie europee, ha commentato, tronfio, con mussoliniano sprezzo del ridicolo, il suo personale successo consistente nel piegare la schiena ai diktat di Bruxelles aggiustando il cosiddetto deficit strutturale dello 0,3%, cioè 4 miliardi e mezzo sottratti ai bisogni e allo sviluppo dell’italica gente: “L’Italia dà all’Unione Europea ogni anno 20 miliardi e ne prende indietro una decina, è un paese che ha forza e autorevolezza fuori discussione e non viene qui a prendere reprimende o lezioni, ma a fare la sua parte”. Ora, passato il comprensibile attacco di ilarità che vi avrà fatto scompisciare dal ridere, ponetevi una sola domanda: io che c’entro? E se c ‘entro, come c’entro?

Deo Gratias

Deo Gratias, qualcosa si muove, qualche neurone comincia a girare per il verso giusto, cioè in libera uscita rispetto alle panzane di regime. In un pregevole articolo veicolato dal sito del Fatto Quotidiano del 16.10.14, Roberto Marchesi prende atto di come le ricette austeritycentriche della mai abbastanza esecrata Unione Europea stiano avvitando i paesi della comunità in una crisi sempre più ingovernabile. L’aspetto interessante del pezzo è nella domanda: ‘Perchè l’Europa ha avviato contro ogni ragionevole buon senso una linea così distruttiva dell’economia e tuttora insiste così pervicacemente nel mantenerla, avendo in soli tre anni distrutto gran parte della propria economia e benessere?’. Ancora più bella ed encomiabile la risposta: “In un sistema capitalista iperliberista globalizzato la normalizzazione al minimo comun denominatore delle tutele e delle provvidenze per i cittadini e per i lavoratori è indispensabile a mantenere agevole il sistema della competizione soprattutto con i paesi delle economie emergenti, anche se esalta la diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza’. Che dire? C’è da commuoversi nel constatare che qualcuno, alla buon’ora, ha colto il punto. L’Europa non è, suo malgrado, in crisi, è semmai un progetto che prevedeva la crisi fin dal principio. La rovina di milioni di persone non è un estemporaneo e malaugurato effetto distorsivo di un disegno  di solidarietà internazionale a tinte rosa e pastello. E’, semmai, il fine ultimo di quel disegno, perchè le istituzioni comunitarie, asseritamente (apparentemente) democratiche, sono solo lo specchietto per le allodole destinato ad appiccicare più vittime possibili nella carta moschicida della dittaura finanziaria e bancaria che va sotto il nome di Ue. E’ ora di smettere di chiedersi perchè c’è la crisi nonostante il sogno europeo e di cominciare a capire che la crisi è uno degli step obbligati dell’incubo europeo.  Un processo che ci ha usati (e continua ad usarci) come marionette plaudenti. L’Europa è nata per distruggere democrazia, provocare povertà, immiserire popolazioni, aggiogare i diritti inalienabili del singolo alle esigenze sovranazionali delle corporazioni che soprassiedono ai lavori e all’agenda  del burosauro europeo. Dall’abolizione progressiva delle agenzie di rappresentanza democratica (comuni, province, senato) alla frantumazione delle conquiste dei lavoratori, tutto punta (col complice assenso di inutili idioti prestati alla politica) a fare dei cittadini dei sudditi. Che qualcuno, finalmente, scriva un pezzo dal titolo “Europa: siamo già in depressione. Ma il disastro non è casuale” è una piccola fiammella di speranza in un tunnel sempre più buio.

Vi piace vincere facile?

Lo psicodramma che, in queste ore,  sta vivendo la sinistra italiana, il suo suicidio assistito ad opera di una banda di ragazzi di belle speranze, è uno spettacolo tremendo da vedersi anche per chi di sinistra non è mai stato. Per mano degli eredi del fu P.c.i. viene rottamato un secolo di lotte e vengono buttati nel cestino i diritti aquisiti da generazioni di lavoratori. E per una sorta di perversa, ma forse non casuale, nemesi storica, proprio la gauche si è incaricata di portare a termine il lavoro sporco che al centrodestra fu impedito di ultimare. In questo quadro, lascia basiti la liquefazione di un’intera classe dirigente davanti a un trentanovenne bravo ma  non irresistibile, per quanto ambizioso e spregiudicato. Renzi ha portato gli achei dentro le mura di Troia e sta facendo passare, a rotta di collo, le riforme inseguite, pretese, volute per anni dai cosiddetti ‘mercati’ e dalle mega corporations, gli unici veri poteri forti in grado di investire nel Belpaese. Per molto meno Berlusconi venne metaforicamente lapidato sulla pubblica piazza dai ‘compagni’ di merende che oggi fanno strame dello statuto dei lavoratori. Che dire? E’ la fine miseranda di un partito ma, soprattutto, è la fine ignominiosa di una ‘ditta’ e del suo consiglio di amministrazione. E viene il fondato sospetto che ci sia stata una sopravvalutazione dell’uomo che le ha inferto il colpo di grazia perchè la cronaca testimonia di quanto fosse fragile e imbelle la compagine di competitors con cui ha dovuto misurarsi. Dopotutto, la parte riottosa del P.d. che, rinnegando se stessa, vota compatta la fiducia a questo job’s act ci parla pochissimo della grandezza di Renzi e moltissimo della pochezza dei suoi avversari interni.

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Ci è o ci fa?

Dopo l’articolo di De Bortoli che ha giubilato Renzi, accorgendosi di un’inconsistenza che qualsiasi osservatore non bendato avrebbe notato fin dal suo insediamento, il premier ha rilasciato un’intervista a Repubblica in cui si è presentato come il famoso indigeno appena sceso dal pero. Non sa cosa siano i poteri forti e ha alle spalle solo una lodevole militanza nei boy scout. Ha aggiunto che insisterà nella sua temeraria lotta contro le lobbies. Insomma, non conosce nè frequenta  le forze che agiscono dietro le quinte della cronaca e della storia per condizionare i destini del nostro paese (come quello di molti altri). Che dire? Come in mille casi consimili vien da porsi una sola domanda: ci è o ci fa? È davvero un’ingenua Alice capitata per caso nel paese delle contromeraviglie oppure si fa pilotare, volente o nolente, da poteri troppo forti e troppo articolati per potervi resistere? Anche optando, e lo facciamo volentieri, per la sua assoluta buonafede, la morale non cambia. Se arrivi in cima vuol dire che sei funzionale a certi disegni. Nel migliore dei casi a tua insaputa, nel peggiore con la tua connivenza. È un problema che riguarda la tua coscienza per quanto concerne gli effetti, ma investe tutti i cittadini di questa vituperata nazione per quanto riguarda le cause. L’Italia da decenni è, come molti altri stati del mondo (tutti?) una pedina manovrata da forze altre che portano avanti processi e progetti che nulla hanno a che spartire con il benessere e la felicità (per usare una categoria costituzionale ‘americana’) della gente comune. Non è una visione pessimista, ma crudamente realista. Per reggere il vento che soffia a quota ottomila devi imbaccuccarti per bene, devi rifornirti di materiali e indumenti e moschettoni e cordame che non trovi nello zaino di un ranger, ma nella caverna della strega cattiva. Se cadi giù vuol dire che l’innocenza ti ha tradito. Una jattura per la tua fame di carriera e prestigio, se erano questi valori a muoverti, una medaglia al valore se eri davvero Alice e hai tentato, tuo malgrado, di sfidare ciò che, per definizione, non può essere abbattuto, ma solo assecondato e compiaciuto.