sabato 28 marzo 2015

BRIVIDO CALDO


 

Da piangere. Per una volta che le tre grandi religioni mondiali riescono ad intendersi, lo fanno su una bufala. Il WWF, con supremo sprezzo del ridicolo, ha annunciato l'Ora della Terra per sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema 'agghiacciante' del cambiamento climatico e ha ottenuto il placet di tre famosi luoghi di culto (islamico, cattolico, ebraico) all'oscuramento contemporaneo ed emblematico dei loro siti. Però c'è la Realtà che si ostina a prendere a pugni in faccia i feticisti del mutamento climatico: negli ultimi quindici anni, mannaggia a loro, le temperature medie non solo si rifiutano di crescere in conformità ai desideri apocalittici degli evergreen, ma vanno pure a picco causando gli inverni più rigidi, dal 1966 in qua, in Mongolia, Nord America, Siberia e Cina. E i ghiacciai si ricompattano  smentendo le dichiarazioni dei climatologi per cui lo strato di ghiaccio ai poli avrebbe presto raggiunto il “livello più basso mai registrato”. Peccato che il controllo dello spessore dei ghiacci sia partito appena quarant'anni fa, e che le ere passate raccontino di 'sbrinamenti' assai più tosti del freezer mondiale. Forse, invece che spegnere le luci (per risparmiare), gli entusiasti seguaci di Al Gore potrebbero accendere i cervelli (per ragionare) o i computer per far girare la famosa mail che Philip Jones,  responsabile del dati dell'IPCC (Ufficio Onu per lo studio dei cambiamenti climatici) inviò nel 2012 a un suo collaboratore: "Ho appena portato a termine il trucco che Mike ha fatto su Nature di aggiungere le temperature reali a ciascuna serie degli ultimi vent'anni e dal 1961 per permettere a Keith di nascondere la caduta". Da brividi, davvero. Eppure, il 28 marzo, per l'Ora della Terra, si spegneranno simbolicamente i luoghi di culto delle tre principali religioni monoteiste: Basilica di San Pietro, Moschea di Roma e Sinagoga di Roma. E bravo il WWF. Cosa c'è di meglio del livido simbolismo di un tempio che si spegne proprio in un'epoca di tenebra?

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I COMUNISTI MANGIANO I GOMMINI


 

 

L'acquisto di Pirelli da parte della China National Ture & Rubber (Cncr) è una di quelle   fenomenali notizie che sembrano false per quanto sono involontariamente comiche e che riescono, con la rapidità accecante di un lampo, a illuminare a giorno la sala ricevimenti del Re. E così, per un fugace istante, anche la maggioranza ipnotizzata scorge la verità celata che qualche 'bambino' si ostinava a denunciare: il Re è nudo e non riesce a coprirsi le vergogne. E sono nudi anche la regina, il gran ciambellano, il custode di palazzo, i principi consorti e tutta la sterminata sequela di paggetti che al sovrano rendono omaggio. Quelli che 'privatizzare è l'unica emergenza che conta' (e Pirelli è comprata da un'azienda pubblica), quelli che 'bisogna accettare la concorrenza e diventare europei  per competere coi cinesi' (e i cinesi, ora, ci  comprano i gioielli di famiglia, oltre che i bar di periferia), quelli che 'privato è buono, buana e pubblico è molto cattivo' (e Pirelli, privata, viene inghiottita da un'azienda di Stato), quelli che 'ci vuole meno stato e più mercato' (e l'economia di Stato meno liberalizzata del mondo va al mercato e se lo compra), quelli che, nell'Ottantanove, individuavano la chiave per capire la storia nella rotta del muro di Berlino e nella battaglia epocale capitalisti vs comunisti. Tutti 'quelli' se la son presa in saccoccia scoprendo che hanno vinto entrambi: i capitalisti che sfruttano i bambini e i comunisti che si mangiano i gommini.

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BANCHE IMPOPOLARI


 

BANCHE IMPOPOLARI

Non c'è niente da fare, l'Europa ce lo chiede e Matteo Renzi, governatore di un paese coloniale (colonizzato), ha rassicurato il viceré di Sua Maestà Imperiale, Pierre Moscovici, detto anche Ecc.mo, Ill.mo, Preg.mo, Vener.mo Super Ultra Iper Commissario Ue agli affari economici: 'la riforma sulle banche popolari sarà sul tuo tavolo entro questa settimana, capo'. Quindi, nonostante le proteste di qualche sparuta opposizione, l'ennesima riforma dell'idolatrato 'cambiamento' sarà infilata in un decreto sprint. Le poche banche ancora leggermente 'popolari' dovranno adeguarsi: niente più voti 'per testa' che permettevano di contarsi e di 'contare' ai soci-dipendenti più vicini al territorio e più (realmente) interessati al ben-essere della banca di paese. Voti per quota, invece, che  spazzeranno via la marmaglia e consentiranno ai magnati di grana grossa di dettare legge, alle banchette di periferia di diventare bocconcini appetibili per la Borsa e ai 'Mercati' di gongolare per questo decisivo slancio alla competitività. L'aspetto interessante della faccenda è che il Governo ha deciso di conferire una-facoltà-una alla nostra banca nazionale, finita in naftalina con l'avvento del Regno della BCE. Via Nazionale, anche in deroga a norme di legge, potrà vietare agli azionisti il recesso. In altre parole, siccome temono che i piccoli topini, fiutato il temporale, scappino, gli negano una facoltà elementare prevista da qualsiasi codice 'civile' di qualunque paese del mondo 'libero'. Ovviamente, in attesa che i gatti arrivano a papparsi tutto il formaggio. Mitici i politici italiani, liberisti a targhe alterne: dirigisti e statalisti con la plebe, concorrenziali e competitivi col patriziato.

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L'INVASIONE DEGLI ULTLACOLPI


 

L’INVASIONE DEGLI ULTLACOLPI

Immaginate la scena: un bravo sindacalista degli anni Settanta, padre di famiglia rigoroso e integerrimo, il suo amico intellettuale, editorialista da bazooka su un giornalino d'assalto della gauche extraparlamentare e suo cugino, aspirante terrorista in procinto di sposare la lotta armata. Tutti rigorosamente comunisti, sia pure con miti diversi: uno Berlinguer, l'altro Marcuse, l'ultimo Mao. Vanno al cinema a guardare un film di fantascienza 'L'invasione degli ultlacolpi' che parla di un  gruppo di supereroi (comunisti) cinesi che fa delle cose pazzesche con dei poteri incredibili: c'è Ren Janxin, miliardario che rastrella aziende decotte e le rilancia nel mercato globale; c'è Zhou Xiaochouan che fa il consigliere di amministrazione di Eni, Enel, Generali, Fca, Mediobanca, Saipem e Telecom; c'è Liu Zhenya, capo di State Grid of China, alla guida della Snam; c'è Tan Xuguang a capo del Gruppo Ferretti, costruttore di yacht di lusso; e c'è, infine, Zhu Choung Yun, stilista con 400 boutique e un patrimonio di 510 milioni di dollari. Finito il film, i tre escono, ridendo come pazzi, e si accendono una sigaretta scherzando sull'abilità dei capitalisti di far ridere un comunista alle spalle di un comunista. Fine della storia e morale della favola: tutti i personaggi citati sono veri, vivi e vegeti, e prosperano in mezzo a noi. I cinque cinesi usano gli italiani per fare il grano con la ruspa, i tre italiani implorano i cinesi di accelerare gli investimenti nello Stivale per rilanciare il Made in Italy. Bandiera Rossa la trionferà.

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PENSIERO STUPENDO NATO UN POCO STRISCIANDO


 

PENSIERO STUPENDO NATO UN POCO STRISCIANDO

Genesi, sviluppo e finale di un pensiero stupendo nato un poco strisciando nella testa di un Ministro della Repubblica. Location: interno giorno di un luminoso ufficio del Ministero. Attore protagonista: un politico di sinistra desideroso di rendere più competitiva la nazione e più flessibile il Sistema Produttivo Paese. Problema: come fare in modo che i Mercati si accorgano di noi e vengano finalmente a investire in Italia dandoci quei denari che non sappiamo più dove andare a pigliare. Ragionamento: allora, obbligare i detenuti ai lavori forzati nei call center? No, troppo politicamente scorretto, poi mi si incazzano i radicali. Mumble mumble. Costringere i disoccupati a dedicare dieci ore di solidarietà al giorno in una banca o in una compagnia di assicurazioni in crisi di utili? Non se ne parla, poi mi ritrovo i sindacati tra i coglioni. Mumble mumble. Forse si potrebbe forzare la mano alle casalinghe: la mattina per la casa e il pomeriggio per la patria, a prestare opere di bene nelle aziende più bisognose. Per la carità! Così le femministe mi fanno il culo. Mumble mumble. Eureka! Com'è che non ci ho pensato prima? Gli studenti, gli studenti, perdio! Cosa fanno gli studenti sfaccendati per tre mesi in estate? Una mazza, una emerita mazza. E intanto l'economia del paese langue. Potremmo ridurre le ferie a due mesi, anzi facciamo a un mese. Il resto è 'formazione' non retribuita, una specie di servizio civile europeo per la crescita comunitaria. Ah Mario, chiamami il Renzi! Ci ho la trovata dal secolo!

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IO RIMANGO QUI


IO RIMANGO QUI

In tempi cupi di paura un bambino entra nel pantheon dei nostri eroi. Durante la partita Roma-Fiorentina di Coppa Italia persa malamente zero a tre dagli uomini di Garcia, a un certo punto i capi ultrà decidono che tutti devono andarsene dagli spalti per protesta. E il gregge, ovviamente, obbedisce. Senonchè, in mezzo alle pecore belanti, c'è un bambino con la giacchetta rossa che se ne frega e resta lì. Forse non gli importa che la sua squadra del cuore perda in casa, il babbo gli ha pagato il biglietto e lui beato se ne sta, regale come un leone nella vecchia fattoria. I lupi hanno un bel da fare a sgolarsi. Il bocia non si muove e qualcuno scatta una favolosa fotografia che ricorda tanto quella dello studente in blusa bianca con le sportine della spesa davanti al carroarmato, a Piazza Tienamen, durante la rivolta dei giovani a Pechino dell'Ottantanove. D'accordo, gli eventi non sono paragonabili: la Storia Grande contro la cronaca minuscola, il prepotere dell'Impero Giallo contro la strafottenza del tifo giallorosso. Eppure, quella foto ci commuove perchè ci smuove qualcosa dentro, una qualità che scarseggia sempre più, oggidì: il coraggio di fottersene, di tenere la posizione, di guardare a testa alta il lupo che fa: huuuuu. E allora ci vengono in mente i tanti ululati di cui è gravida la nostra società: e quelli dei teppisti allo stadio, e quelli dei bulli a scuola, e quelli della burocrazia fiscale a lavoro, e quelli dell'esattore a casa tua, e quelli dell'Isis oltremare, e quelli dei bastardi che picchiano i più deboli, e quelli dei potenti che minacciano la guerra, e quelli della crisi che ti manda in crisi. Quel bambino è un mito e ci urla di non farci spaventare. La paura è nella mentalità da servi che ci hanno inculcato. E che ci fa alzare quando vorremmo starcene seduti a goderci in santa pace una partita. Evviva il piccolo, grande tifoso col suo 'tana libera tutti' e il suo (ultra): 'vaffanculo, io non ho paura!'.

L'OCCHIO DEI PA-DRONI


L’OCCHIO DEI PA-DRONI

Tenete d'occhio i cieli perchè, da qui a cinque anni, ne vedremo delle belle. O dei belli, se preferite: droni, piccoli rotori volanti simili ai dischi dei fumetti sugli ufo che scorazzeranno un po' dappertutto per gioco, per sport, per divertimento. Per business. Ora, che fastidio può dare un elicotterino sopra la tua casina? Nessuno quando è uno. Ma nel momento in cui diventeranno dieci o cento? Allora vivremo davvero in un perenne reality show e le vite di ciascuno saranno videoriprese 24h. Ovviamente i quattro muri di una casa saranno come carta velina per gli occhi elettronici celesti, dotati di infrarossi e sensori digitalizzati. La nostra vita sarà, letteralmente, un libro aperto e l'intimità un ricordo da raccontare ai nipoti. Anche perché, è questo il punto, i mercati hanno già fiutato la preda e cominciano a gongolare. Negli USA la ricerca collegata allo sviluppo dei droni per usi civili genererà investimenti per 2,3 miliardi di dollari nel 2016 mentre in  Europa si stima che darà lavoro a 150.000 persone entro il 2050. Boeing, Intel e Qualcomm stanno mettendo sul piatto peso e grana a volontà all'insegna di 'piatto ricco mi ci ficco'. Però  gli investitori già si lamentano: troppi vincoli, troppa burocrazia, regole assurde che impediscono di filmare le nostre vite dai cieli inquinati delle nostre città. Ma viviamo nell'era della libertà, che diamine, e la libertà si traduce in liberalizzazioni, in privatizzazioni, tutta quella roba che rende così meravigliosa l'esistenza di tutti noi. E quindi? E quindi ci sarà qualche politico geniale, e liberale, che spalancherà la volta celeste al premuroso sguardo di chissacchì. Al solo pensiero mi è venuta la pazza idea: sarà mica meglio emigrare in un luogo primitivo dove la tecnologia volante non è ancora arrivata? Stupido che sei mi son detto poi. Se tu andassi lì mica ci sarebbe il Garante per la Privacy.

FRANCOFORTE TI MENO


FRANCOFORTE TI MENO

La nuova sede della BCE è costata 1,3 miliardi di euro e sorge a Francoforte nel quartiere del Grossmarkthalle, i vecchi mercati generali della città tedesca. I media di riporto che ci ritroviamo, quelli che 'riportano' le notizie delle veline di regime non hanno battuto ciglio. Cosa c'è che non va? Dove diavolo è il problema? Ah, sì, giusto dei lazzaroni black bloc hanno deciso di guastare la festa di inaugurazione. Sullo spreco vergognoso di soldi pubblici per edificare l'obelisco totemico svettante sulle lande teutoniche, non un fiato. Okay, il prezzo è giusto, amici miei. C'era bisogno di una riverniciata in acciaio, platino e calcestruzzo per dare una maison adeguata a un'istituzione 'europea' molto misteriosa (non si sa chi l'abbia eletta, ma è indipendente!) e molto riservata (da statuto, non può parlare e si riunisce in incognito a porte rigorosamente chiuse). Però, nonostante i nemici giurati della Casta, cioè i giornaloni, si fossero presi (per l'occasione) un week end lungo di pausa mentale, qualche cittadino più sveglio ha notato l'enormità della cosa e ha deciso di manifestare. Si è trovato davanti due muri: uno, fisico, fatto delle divise di migliaia di poliziotti che neanche a Damasco; l'altro, più fine, composto dalle parole di Draghi: “i cittadini credono che l’Europa stia facendo troppo poco e la vogliono più integrata e con più solidarietà tra le nazioni”.  Da scompisciarsi dal ridere. O forse no? Nel paese di Utopia in cui viviamo il bianco si legge nero, il dritto rovescio e il giusto sbagliato. Comunque sia, se vi prudono le corde vocali e pensate che la Banca Centrale non abbia capito bene cosa intendevano quelli di Blockupy correte sotto la torre a gridare il vostro sdegno.  Draghi presterà orecchio ai vostri cahier de doleance, tipo il Re Sole, lo ha garantito:  “come banca centrale di tutta l’area dell’euro dobbiamo ascoltare molto attentamente quello che tutti i cittadini hanno da dire”. Occhio, però. Ha detto ascoltare, non capire.

SIAMO SOLO SOLI


SIAMO SOLO SOLI

Marco Pannella ha detto che spera di diventare cittadino vaticano  e che i radicali amano molto il papa e credono anche in lui. Tutti dicono che Renzi è un premier di sinistra che fa impazzire d'amore gli elettori di destra e Berlusconi non ha mai fatto mistero di sentirsene irresistibilmente attratto per una di quelle alchimie insondabili e mistiche che Goethe definiva affinità elettive. Ora, c'è un movimento più 'radicalmente' lontano dai principi e dai valori cristiani del partito di Pannella? No. C'è mai stato un premier più palesemente distante dalle rivendicazioni e dai tic della sinistra classica di Matteo Renzi? No. Affascinante questo poderoso e inarrestabile processo in atto per cui gli opposti tendono a convergere e le differenze a liquefarsi. Andiamo dritti sparati verso la sparizione di ciò che separa. Non più e non solo globalizzazione dei luoghi, ma anche e soprattutto mondializzazione delle coscienze e dei costumi. Dalla coatta coesione topografica a quella biografica e dei pensieri. Ci avviciniamo sempre di più l'uno all'altro perdendo le nostre specifiche e fastidiose peculiarità e sovrapponendo convinzioni, valori e obiettivi fino a farne un unicum. Del resto, è l'era delle fusioni, delle partnership, degli agglomerati. Una marmellata indistinta di uniformità ci pressa, stretti stretti, nello stesso vaso. Non ci saranno più nemici nè avversari e neppure idee per cui battersi o stili di vita da cui scansarci. Una mono idea monolitica e monopolistica che si tradurrà in un linguaggio sempre più povero e scarno. Forse, presto, avremo anche una sola religione e un solo dio dinanzi al quale genuflettere i ginocchi, un solo sesso con qualche irrilevante 'differenza' destinata a sbiadire, un solo partito titolare di una sola strategia. Eppure, forse, non ci siamo mai sentiti così soli.

DIALOGO DELL'EUROPA E DI UN ISLANDESE


DIALOGO DELL’EUROPA E DI UN ISLANDESE

Buone notizie dal gelido Nord. L'Islanda, nella persona del suo ministro degli esteri Gunnar Bragi Sveinsson ha comunicato che non entrerà nella Ue e ritireràvla richiesta presentata nel 2009. Cosa c'è di strano? Che è una scelta normale, logica, giusta. Quella che qualsiasi politico sano di mente e puro di cuore farebbe se si degnasse di leggere i trattati istitutivi del Manicomio Europeo oltre a peritarsi di firmarli. Ma, oggi, la normalità, la logica e la giustizia sono l'eccezione, non la regola. Altrimenti non si spiegherebbe come e perchè i leader di ventotto nazioni (leader di destra, di sinistra, di centro) abbiano scelto la strada dell'eutanasia di massa dei rispettivi popoli e della castrazione chimica dei loro poteri sovrani. L'islandese dalla schiena dritta che ha detto no, ha accompagnato la sua scelta con una frase da incidere a caratteri d'oro nei libri di educazione civica (se ancora la fanno) dellenostre scuole medie: "Gli interessi dell'Islanda sono serviti meglio fuori dall'Unione Europea". Undici parole secche come una schioppettata per impallinare cinquant'anni di retorica comunitaria e disegnare il profilo orgoglioso di un'identità che non si spezza. Non è un caso che questa rivendicazione di fierezzae autonomia venga da un paese dove la 'destra' e la 'sinistra' hanno ceduto il passo a categorie 'politiche' d'altri tempi come gli 'agrigoltori', i 'pescatori', gli 'indipendentisti'. Tutta gente semplice, capace di farsi due conti in tasca e di capire che, per esempio, entrare nella Ue avrebbe significato accettare, nell'ambito della pesca, la perversa logica delle 'quote latte' stabilite da un allegro commissario polacco o portoghese o finnico in un lucidissimo ufficio, belga, francese o tedesco. Purtroppo da noi non può succedere perchè i pesci (di centrodestra e di centrosinistra) sono già tutti finiti in barile.

domenica 15 marzo 2015

L'EURISTICA E L'EUROMISTICA

Arriva la primavera, gli uccellini cinguettano sui rami, le rondini tornano dall’Africa e il Corrierone si sveglia da un lungo letargo scoprendo l’America e cioè che in Europa, forse, c’è un deficit di democrazia. Ci scusiamo con i clienti per il ritardo (ventennale), ma è un’intuizione che merita la prima pagina e un’articolessa del nostro editorialista di punta. Così, il 15 di marzo, il professor Panebianco viene sparato di spalla con un pezzo dove ci spiega che i famosi patti intergovernativi (i trattati su cui si regge l’Unione e a cui soggiacciono gli Stati) confliggono con l’esigenza che gli esecutivi di ciascuno Stato, in ossequio al principio di democrazia rappresentativa, rispondano invece ai loro elettorati. Okay, facciamo pure finta di essere sorpresi, non ce n’eravamo accorti e per fortuna che il Corriere ci ha fatto lo scoop. Ma non è questo, pur significativo, l’ingrediente succulento dell’articolo.  È, piuttosto, quest’altro: “Un’uscita della Grecia dall’euro sarebbe una catastrofe per l’Europa, dicono quasi tutti. E se lo dicono quasi tutti sarà vero”. In due righe strepitose l’involontaria fotografia di un’epoca dove le idee e le convinzioni non sono frutto di una meditata informazione, di un’analisi dei dati, di una lettura dei trattati, ma del ‘si dice’. E siccome lo dicono tutti, significa che è vero, ci ammonisce uno dei nostri commentatori di riferimento. Questo è il mondo di cui siamo parte, parzialmente colpevoli e parzialmente vittime: colpevoli di un’invincibile pigrizia e vittime di un’ingestibile complessità. Da un secondo all’altro si affastellano troppe variabili, troppe conoscenze, troppe fonti (apparentemente) indipendenti di quelle  stesse conoscenze e così il cervello va in tilt. Non lo diciamo noi, lo dicono i fondamentali degli studi di sociologia. La cifra della post modernità è proprio l’iper complessità che manda in cortocircuito i neuroni. Al punto che persino gli opinionisti, che dovrebbero decifrare per noi la realtà, si adagiano sulla comoda amaca del gossip: lo dicono tutti, ci sarà pure un motivo. Questo stratagemma cognitivo, studiato dalla psicologia sociale, si chiama euristica ovvero ‘scorciatoia del pensiero’. Non c’è niente di male, o di strano, è un noto processo di difesa dalla complessità che, anzi, potrebbe suggerire un neologismo interessante: l’euromistica, id est l’euristica declinata sui temi europei o, se preferite, lo sguardo mistico applicato al discorso sull’Europa Unita che è perché deve essere, tipo le apparizioni mariane che danno per scontata la Madonna.  Comunque sia, e comunque vogliate definirlo, ciò che spaventa di un simile approccio è che diventi la categoria ermeneutica per eccellenza anche di chi, per mestiere, dovrebbe orientarci. Nell’articolo citato, ci sono anche altre chicche del genere: “Grexit, dicono tante voci autorevoli, sarebbe un disastro. E chi siamo noi per dubitarne?”. Capito? Dunque, una delle voci più autorevoli in circolazione sposa la vulgata corrente perché altre voci autorevoli (quali? Quante?) la accettano. È l’apoteosi dell’autoreferenzialità. Il sistema vive di voci, si alimenta di pettegolezzi da barbiere, e i ‘cani da guardia della democrazia’ (epiteto agognato dai giornalisti d’antan) proprio a quelle voci si rifanno per dare un prezioso parere. A dirla tutta, è un meccanismo logico persino peggiore di quello fatto proprio  dai complottisti e tanto vituperato dalle penne ‘per bene’. Per lo meno, il complottista muove da elementi oggettivi e inconfutabili (di cui è fanatico), li mette in fila come perline e poi ci ricava, o ci  ‘vede’, una collana da strangolamento, vale a dire un disegno superiore volto al male. Chi imbocca questa china, di solito, si becca del paranoico, anzi del ‘cospirazionista’ (l’insulto prediletto dai seguaci del Pensiero Comune Condiviso), ma, se non altro, ha il merito di salpare dal molo concreto dei dati di realtà prima di approdare  all’isola astratta delle ipotesi dell’irrealtà. L’euromistico, invece, perviene a conclusioni ‘realistiche’ impastate di common sense  partendo dalla matassa irrealistica  e nebulosa delle chiacchiere da cortile. Innescando così quei fenomenali soliloqui tautologici di cui si riempiono la bocca (e ci riempiono le orecchie) molti  politici di spicco e intellettuali di rango: non si può uscire dall’Europa perché non si può uscire dall’Europa; il distacco dall’euro sarebbe una catastrofe perché sarebbe una catastrofe; gli euroscettici sono antistorici perché vanno contro il corso della storia. Oppure, nella variabile più colta e raffinata: la Grecia non può uscire dall’Euro perché sarebbe una catastrofe e sarebbe una catastrofe perché lo dicono tutti; oppure: se tutti dicono che uscire dall’Euro sarebbe una catastrofe ci sarà ben una ragione? ‘È meglio vivere senza catastrofi che con le catastrofi’ chioserebbe il mitico Catalano di Quelli della Notte. Ecco, ci siamo trasformati tutti in ‘Quelli della Notte della Ragione’ e abbiamo disimparato a imparare oppure appreso ad apprendere le bufale autocertificate dai media, bufale DOC (Depurate di Ogni Concretezza). Però non scoraggiatevi. Non dovete per forza trasformarvi in complottisti per sfuggire alla trappola dell’euromistica. Vi basta separare il grano dal loglio, setacciando la grana grossa delle ‘notizie’ inutili (che raccontano senza andare alla radice) e trasformando voi stessi in giornalisti self help, surrogandovi così nel ruolo cui la Grande Stampa ha abdicato. Ad esempio, non serve attendere che il Corriere annusi il profumo delle viole per capire che l’Unione è una struttura intimamente a-democratica o, a dir meglio, oligarchica per vocazione. Vi basta cliccare sul sito ufficiale della Ue dove albergano autentici deliri giuridico-istituzionali del tipo che,  ai sensi dell’art. 289 del TFUE, la Commissione, un organo di ventotto soggetti di ventotto idiomi differenti, rigorosamente non eletti, fa le ‘leggi’ (chiamiamole così per comodità) che il Consiglio della Ue poi approva, mentre il Parlamento (unico organo eletto) può approvare o respingere i testi sottopostigli epperò, se  li respinge, il Consiglio non è obbligato a tenerne conto. Chiudiamo con un monito tratto dal corsivo di Panebianco: “Conta poco il fatto che nella propaganda antieuropea ci siano, oltre a qualche verità, anche diverse bugie”. Ha ragione il professore. Conta molto di più che nella propaganda euromistica ci siano, oltre a pochissime verità, una caterva di menzogne.

SPIRITO DI CORPORATION

Ma, stringi stringi, questo mondo globale che abbiamo per le mani e di cui la UE è una delle roccaforti sperimentali a chi giova così tanto? Chi ne trae i ritorni più allettanti? L'uomo della strada? L'impiegato? Il commesso?  L'insegnante? Il celebre 'idraulico polacco'? Non scherziamo. Gli uomini normali fanno lavori in prestito, cioè prestano braccia e menti a un titolare, si logorano di stress, mettono via qualche euro se gli va bene, una volta depurati i guadagni di un considerevole giogo fiscale. Chi  è invece che  lucra i dividendi veri del sistema, sbancando il banco, per così dire? Le corporation,  le grandi imprese transfrontaliere, quelle che godono della prerogativa miracolosa della multilocazione così come Sant'Antonio si beava del dono dell'ubiquità. Esse sono ovunque, più solide e forti di uno Stato, e dunque pagano 'legalmente' le tasse dove cappero gli pare, specie se lì il fisco è un peso piuma. Jim Stewart, esperto di finanza e tassazione di impresa al Trinity College di Dublino, ha spiegato a Panorama come funziona uno dei tanti trucchi da prestigiatore che ha come teatro l'isola di Joyce: le Megaditte fissano la sede in Irlanda e si fanno controllare da un'altra società domiciliata, metti caso, alle Bermuda. Poi, sfruttando una triangolazione di norme Irish style, veicolano nel paradiso fiscale  il 99,8% dei guadagni. L'uno virgola due per cento se ne va in tasse (e se ne lamentano pure). Postilla: i cosiddetti Ceo di queste tentacolari entità sono gli stessi venerati come guru dalle cupole di Bruxelles e dai feticisti della vaselina della globalizzazione: la  competitività. Sono i medesimi che sfruttano il lavoro precario regalatogli dalle 'riforme strutturali', fanno la morale sull'austerity e beneficiano delle norme  scritte per 'agevolare' gli utili dei Mammuth e bastonare quelli dei lillipuziani. L'Europa è Unita (quasi solo) da questa irresistibile tentazione di assecondare i pruriti di chi, in definitiva, la possiede, e sta ad essa come lo spirito al corpo.

DA MANI PULITE A MANIPOLATE

Fermo il principio di non colpevolezza, proviamo a riassumere in un sillogismo i risultati dell'inchiesta di Trani contro le agenzie di rating per manipolazione dei mercati. Nel gennaio 1994 l'Italia firma un contratto quadro con Morgan Stanley riguardante un complesso di 'derivati'. Il contratto ha una clausola di estinzione anticipata. La clausola prevede la risoluzione anticipata  dei vari contratti in 'derivati' nel caso in cui Morgan Stanley si trovi esposta nei confronti dell'Italia oltre una certa soglia legata al declassamento dell'Italia da parte delle agenzie di rating. Nel 2011-2012 l'Italia viene declassata da Standard & Poor's. Morgan Stanley batte cassa e l'Italia paga, sull'unghia, 2,5 miliardi di euro in ossequio al famoso codicillo del contratto di circa vent'anni prima. Secondo la European Securities and Markets Authority (Esma) Morgan Stanley è tra i soci di Mcgraw-Hill financial a cui fa capo Standard & Poor's. Aristotele, a questo punto, ci metterebbe dieci secondi a mandare a dama il ragionamento. Secondo il Pubblico Ministero di Trani, Michele Ruggiero, che indaga  sull'agenzia Standard & Poor's  per manipolazione di mercato, i declassamenti che subì l'Italia, all'epoca, non erano giustificati dai macrodati economici. Persino l'attuale ministro dell'economia Padoan ha detto che le 'retrocessioni' patite dal paese non stavano in piedi. Però, quelle bocciature determinarono il pagamento di una somma monstre a Morgan Stanley che pretese la restituzione del prestito dopo un down grading deciso da una corporation di cui Morgan Stanley faceva parte. E soprattutto, un governo andò a gambe all'aria e fu sostituito da tecnici, venuti da Marte, perfettamente allineati ai desiderata dell'Europa. Verrà un giorno in cui ci interesseremo non solo (in sede giudiziaria) della manipolazione subita dai mercati (poveri cuccioli), quanto piuttosto (in sede storiografica) della manipolazione subita dalle democrazie. Abbiamo nostalgia di quel futuro.

ACQUA AZZURRA, ACQUA CHIARA

Apprendiamo che in Sicilia  17 comuni su 43 della provincia di Agrigento, spinti dal Forum dei movimenti, si sono rifiutati di cedere la gestione della acque pubbliche ai privati in ossequio a un referendum popolare di qualche anno fa. E si scopre che le reti idriche in mano ai privati (nei paesi di Sciacca, Casteltermini, Grotte, Siculiana) hanno un costo medio del servizio doppio rispetto ai centri gestiti dalla P.A. (Agrigento, Ravanusa, Ribera). Forse nei primi, il tocco taumaturgico del mercato fa zampillare dai rubinetti acqua effervescente naturale o poverissima di sodio o ricchissima di integratori.  Sta di fatto che ora alcuni siciliani   pagano il doppio (rispetto ad altri corregionali)  una cosa pubblica per definizione (per natura, oseremmo dire), ma così assaporano il dolce gusto  della Concorrenza e quello 'salato' di bollette da paura. Facciamo un passo indietro, che aiuti a capire.  La famosa lettera della BCE al governo Berlusconi, nel 2011, era composta da 39 punti che contemplavano il saccheggio organizzato, la rapina scientifica, dei beni pubblici e dei poteri sovrani della Repubblica Italiana. Il venticinquesimo punto era una domanda: "È possibile ottenere maggiori informazioni che spieghino quali provvedimenti di riforma si pensa di varare nel settore delle acque, malgrado i risultati del recente referendum?". Insomma, davano per scontato che il Governo italiano facesse il contrario di ciò che avevano deciso i cittadini di quel paese. Niente di strano. Questo è lo stile e la cifra dell'Impero. L'aspetto più sottile e meno visibile trapelante dal quesito (e dall'intero papello)  è l'Idea forte innervante tutta la struttura comunitaria, che ne anima e  insuffla la mission, gli obbiettivi e i provvedimenti: la convinzione, cioè, che il mercato libero è necessariamente buono e che i privati fanno bene ciò che  il 'pubblico' fa male. La concorrenza alza la qualità e abbassa i prezzi, mentre la mano pubblica fa solo danni.Ma c'è chi non la beve.

GENTE DI DUBLINO

Da noi vogliono la grana. Tanta, maledetta e subito. Che ce la chieda il MES o il PAC o la BCE, all'Europa interessano i nostri soldi. Se vi capita, per caso, di svegliarvi dal torpore dell'indignazione a gettone (quella che vi fa odiare i dannati politici nostrani, ladri, corrotti e farabutti), andate a curiosare tra le cifre del saldo dare-avere tra noi e la UE. Nel decennio 1995-2006 (fonte Eurispes) abbiamo dato 135,30 miliardi di euro di 'contributi' e ne abbiamo ricevuti (come fondi generosamente concessi) 105. Sbilancio a nostro favore di 30,3 miliardi. L'idrovora comunitaria non è mai sazia di piccioli però ci lascia volentieri gli esseri umani. Siccome la UE  è un sogno fondato sui sacri principi della solidarietà e dell'uguaglianza e della libertà di iniziativa economica (quei valori che mandano in sollucchero il Renzi quando spara i pistolotti europeisti in TV), allora, se si tratta di migranti, Sua Maestà si scopre magnanima. E ci prega di non insistere che non ne vuole manco uno, di sbarcato. L'Italia sia orgogliosa della lunga tradizione di ospitalità che la connota. E hanno trovato persino il codicillo per imporcelo: la Convenzione di Dublino del 1990 impone allo stato in cui approda un disperato di schedarlo, prendergli le impronte e dargli asilo. Ma non solo. Se poi il derelitto abbandona le italiche sponde preferendo altri paesi come la Svezia, l'Olanda, la Germania, viene ricacciato da noi in forza della Convenzione di Ginevra del 1951 che recita, più o meno: chi non può essere ricondotto nel paese d'origine da cui era perseguitato deve essere riaccompagnato in quello di prima accoglienza. E quale sarà mai? Ogni anno quindicimila profughi vengono rispediti nello stivale, inevitabile terra d'aiuto.  Diabolicamente astuta l'Europa: da noi vuole la grana, mica le grane.

CHE NON MI SENTA LA PRESIDENTA

Questa mattina al risveglio, togliendo la pigiama, mi sono reso conto che stavo ancora vivendo la dramma iniziata ieri sera quando ho letto le ultime dichiarazioni della Presidenta Boldrini: "smettetela di chiamarmi Signor Presidente, non sono un uomo". Sono avvampato di vergogna, mi sono sentito inadeguato e stupido. Anche indegno di avere un rappresentante istituzionale (la terza carica dello stato!) che non merito. Nonostante io abbia studiato e abbia preso una diploma di maturità sono un ignorante totale che non capisce la sensibilità e il livello di acume di questa nuova era. E così è sorta in me una dilemma. Sono l'unico rozzo bifolco della pianeta, sono la emblema del politicamente scorretto oppure è la sistema ad essere intrinsecamente idiota?  Fuori, la clima stranamente estiva di questa coda d'inverno mi invoglia a uscire, ma non lo faccio. In me c'è una magma di emozioni contrastanti che non vuole saperne di chetarsi. L'unica cosa di cui sono sicuro è che la Presidenta è la stemma di una società diversa, più raffinata, più intelligente, più rispettosa delle persone (e quindi delle parole), insomma di una rinnovata civiltà. Come lei sia riuscita ad arrivare a quelle vette per me resta una enigma. E per quanto dal mio cuore sgorghino sentimenti tumultuosi che vorrebbero tradursi in una poema per cantare le sue lodi, non ci riesco  e torno sempre alla stessa schema maschilista e vecchia. Forse dovrei cambiare la paradigma del mio mio modo di pensare prima che sulla mia povera persona si scagli la giusta ira della Presidenta. E la sua spietata anatema.

I MODERATI, I PROGRESSISTI E LA BI-ZONA DI ORONZO CANA'

Stando alle rivelazioni di un noto quotidiano di centrodestra, Berlusconi sarebbe infuriato con Salvini per la sua inaffidabilità. A quanto pare, il casus belli  è l'atteggiamento di ostentata indifferenza del Matteo leghista rispetto alla squadra che dovrà affrontare e sconfiggere Renzi alle prossime elezioni. Salvini si ostina a parlare di contenuti e a mettere in evidenza che non gli frega nulla di chi si accompagnerà al suo progetto, basta che sia d'accordo sui punti fondamentali. Questa ostentato menefreghismo rispetto alla casacca gli ha permesso di fare il pienone a Roma (dove una volta i leghisti dovevano camminare in incognito per non essere lapidati), di avere al suo corteo Casa Pound, epitome del nazionalismo 'di destra' (che un tempo aborriva il federalismo leghista) e di vantare tra gli intellettuali di riferimento un giovane filosofo marxista sveglio e preparato come Diego Fusaro. Diciamo che, lo si apprezzi o meno, lo si voti o no, Salvini e uno dei pochi leader ad aver capito che lo steccato destra-sinistra, socialisti-popolari e una 'cagata' assoluta come la corazzata Potemkin di Paolo Villaggio. O meglio, è una tecnica di manipolazione  talmente vecchia, così obsoleta e abusata che son rimasti solo pochi poverini a crederci davvero. Eppure Berlusconi ci conta ancora e non si dà pace perchè il leader padano non vuol prendersi la maglietta di centravanti della sua Nazionale Cantanti Moderati. Pensare che ha già fatto la formazione: Silvio regista, Salvini di punta, Alfano mediano, la Meloni fantasista, persino i montiani possono andar bene e anche Passera. Basta che siano disposti a giocare per l'Atletico Centro Destra contro la Dinamo Centro Sinistra. Due zone ben precise nell'agone politico. E guardate che i maggiorenti di Forza Italia, a differenza del capo (che sa bene quanto i programmi del suo partito siano sovrapponibili, nella sostanza, a quelli di Renzi) ci credono sul serio. Pensano ancora che bisogna aggregare l'area moderata del Paese. Da morir dal ridere. Solo la b-zona di Oronzo Canà è più ridicola di loro.

SPIATOLLAH

Tenetevi forte. A fine mese entra in vigore la super anagrafe tributaria. Lo Stato Fiscale avrà a portata di mouse (senza dover chiedere permessi o nulla osta come quando sembravamo una libera repubblica) tutti, dicesi tutti, i vostri movimenti: polizze, conti correnti, fondi pensione, carte di credito, gioielli e preziosi, cassette di sicurezza, libretti postali. Sapranno, con un clic, se è quanto avete pagato o incassato qualcosa e, soprattutto, che cosa: dalle biciclette alle bustine di lievito, dai preservativi alle riviste, dai regali per l'amante ai regali dell'amante. La vostra intera vita (che è 'cifrata' dal denaro se non ve ne siete accorti) sarà li, nuda, cruda e masticabile. Attraverso quei dati il microcosmo che vi ruota attorno e di cui siete l'epicentro non avrà più segreti. Nel momento stesso in cui accedete al credito o al debito (indispensabile per mangiare, dormire, evacuare, vestirsi e persino accoppiarsi) voi sarete 'visti' da questa entità sor(vegliante) e buona, animata dalle migliore intenzioni come il barbuto Javeh che terrorizzava i bambini del catechismo di un tempo. Niente più polvere sotto il tappeto. Tuttavia, non sentitevi vulnerabili e traditi, non è il caso. I responsabili del Sid (sistema di interscambio dati) dicono che tutto ciò è a prova di privacy. Ah ecco, allora siam tranquilli, ma chi, di grazia, avrà accesso al nostro insignificante e 'polveroso' vissuto? Solo venti persone, in tutta Italia. Due decine di anonimi burocrati potranno spiarci dal buco della serratura se, come, quanto e quando vorranno. Non eletti, non conosciuti, non lottizzati. Un pantheon di voyeur vigilerà sulla rettitudine fiscale e contabile del popolo. E va bene così perchè se siete contrari vuol dire che avete qualcosa da nascondere. Che non si sappia se no i nuovi khomeyni si incazzano.
 

SELF KONTROL

Cari miei, c'è un baco nel sistema del Kontrollo. E se ne sono accorti. Certo, le telecamere ci riprendono quando camminiamo per strada, chi ci sospetta ci registra se parliamo al telefono, chi ci ama prende nota dei nostri accessi web, chi ci tutela spia le nostre mail, chi ci finanzia tien nota delle spese e ci raccomanda la credit card, persino in farmacia ci invitano a pagare con la tessera sanitaria per scaricare il costo  e caricare nuovi dati personali nel Server centrale, il Sommo Servitore. Ormai niente va perduto, tutto viene registrato come ci cantava Luca Carboni. Eppure c'è un baco e il fisco se n'è accorto. Non riescono ancora a 'coprire' del tutto le nostre esistenze. Resta fuori il 'peccato', la 'colpa', ciò che fai e non dovresti e che logicamente non riveli a nessuno.  La confessione, purtroppo, è un sacramento non ripristinabile per caduta verticale della fede e poi i preti servono la Chiesa mica il Sistema. Dunque, ecco il wistleblowing (la soffiata) resa operativa dall'Agenzia delle Entrate. I dipendenti della pubblica amministrazione potranno postare mail 'criptate' per denunciare i corrotti. Nella logica capovolta di questo mondo al contrario hanno deciso di chiamare il delatore 'prezioso collaboratore spontaneo'. Orwell, nella tomba, si starà scompisciando dal ridere. Ma facciamo i seri. Come il direttore dell'agenzia che si è premurato di ammonire: 'il sonno dell'etica non ci è consentito, nemmeno il sentimento di onestà a intermittenza'. Capito? In confronto i padri pellegrini puritani della May Flower erano dei debosciati. A tutta birra verso lo stato etico hegeliano dove, con l'alibi della morale, tapperemo il baco. Se la tecnologia non basta, si torni all'antico. Saremo, gli uni per gli altri (gli uni contro gli altri), gli occhiuti bisbiglianti del Kontrollo.

SI' TU SEI IL MIO NEMICO AMATISSIMO

Se fossi Renzi vorrei potermi scegliere l'opposizione. La prima opzione sarebbe un partito di centrodestra di ispirazione europeista e moderata (cioè fatto di nulla come il mio è fatto di niente) da contrapporre al centrosinistra che guido. Possibilmente, il partito a me avverso dovrebbe essere pilotato da un capo conformista e poco carismatico così che gli elettori, al momento dell'urna, dovendo schierarsi per una delle due grandi famiglie politiche continentali (quella socialdemocratica e quella popolare, due nullità allo specchio) sceglierebbe il più spiritoso e veloce, cioè me. Tuttavia, nel caso in cui il centrodestra (il nulla) fosse già stato fagocitato dal centrosinistra (il niente), allora avrei una seconda scelta. Il mio avversario, laddove avesse un qualche spessore e cavalcasse i temi giusti (lotta all'eurocrazia finanziocentrica, alle lobbies bancarie, alla burocrazia a-democratica della UE, alla demolizione delle sovranità nazionali, etc.), lo gradirei inquinato da destra e osteggiato da sinistra. Insomma, mi piacerebbe assai che lo sostenessero movimenti di nicchia definibili come 'fascisti'. Questo mi consentirebbe di vincere le elezioni sbadigliandogli in faccia. Per quanto fossi ben consapevole delle verità scomode denunciate dal mio competitor, mi basterebbe ricordargli le sue brutte compagnie  per squalificarlo all'occhio del grande pubblico. Poi mi sfrucuglierebbe un casino che l'anti-Renzi fosse detestato dall'estrema sinistra. E non è impossibile perchè quella parte politica è sufficientemente stupida da non capire quanto i suoi cavalli di battaglia nitriscano all'unisono con quelli del mio ipotetico avversario. Così potrei godermi alla TV le immagini dei comizi dove il mio avatar perdente (chiamiamolo pure Matteo, come me) dice cose sensate accompagnandosi a tetre bandiere nere sfidate in piazza da truci vessilli rossi. Sai che spettacolo? A qualsiasi persona perbene verrebbe da chiedersi qual è l'alternativa a due estremismi così. E penserebbe a me come all'inevitabile trionfatore del format della Carrà. Forte forte forte.

CHIP CHIP

Una notizia curiosa su Il Fatto Quotidiano.it. A Stoccolma, i dipendenti del cosiddetto Epicenter, nel centro della capitale svedese, butteranno nel cestino i loro badge. Quelli che lo vogliono, beninteso, nessuna imposizione. Le imprese che hanno sede in quel complesso di edifici potranno far impiantare ai lavoratori volontari un microchip sotto pelle a radiofrequenza (Rfid) delle dimensioni di un chicchetto di riso. Avvicinandolo alle porte d'ingresso, queste si spalancheranno docilmente. Ma non è finita qui. Il chip consentirà di accedere a fotocopiatrici, ascensori, computer e ad attivare quelle maledette password e quei dannati pin che nessuno ricorda mai. Che figata pazzesca. Si dice che, un domani, il chippino potrebbe servire anche a pagare il pranzo o il caffè. Dei giornalisti intelligenti e qualificati (della Bbc) lo hanno pure sperimentato assicurando che la puntura non fa neppure la bua. Peccato  costi 300 euro, ma è un prezzo di lancio destinato a calare. Certo, l'iniziativa è partita in un agglomerato di società high tech, ma vedrete che arriverà anche da noi. Pensate alla praticità di non dover tenere più in tasca nè spiccioli nè  carte di credito. Un mondo finalmente libero dal denaro. E dei dati sanitari  tatuati sull'epidermide di un pollice o incistati in una ruga della fronte vogliamo parlare? E delle potenzialità per il fisco? E di quelle in materia di  sicurezza? E dell'antiterrorismo? Semplice e geniale come l'uovo di Colombo. Com'è bello svegliarsi e scoprire che la fantascienza è qui e che un mondo sempre più coeso e interconnesso non è solo possibile. E' reale. E il futuro cinguetta alla finestra del nostro davanzale.

ARANCIA MECCANICA

I fatti di Roma, con l'esercito di vandali olandesi che mette a soqquadro il centro storico della capitale e piscia sui monumenti di una città millenaria, ci fa venire in mente due cose. Primo: ma come son civili nel Nord Europa! Da decenni ci viene raccontato di quanto siano 'avanti' e 'per bene' e 'progrediti' i popoli settentrionali rispetto a quelli spreconi, pigri, fancazzisti che sarebbero poi i celebrati Pigs ('maiali', in inglese): Portogallo, Italia, Grecia, Spagna. Bene, l'orda di minorati culturali che ha lordato Roma usandone le piazze e i vicoli storici come tramezzi di cartone da sfasciare, ci illustra il reale grado di civiltà che contraddistingue certe latitudini. Benché non si possa fare di tutta un'erba un fascio,  va pur detto che non parliamo di tre o quattro imbecilli, ma di centinaia e centinaia di manigoldi, abbastanza da far arrossire di vergogna i politici arancioni. Secondo: mettiamo fine a un'insulsa balordaggine, ripetuta a juke box ogni qualvolta (cioè spessissimo, se non quasi sempre, di domenica in domenica) un manipolo di ultrà sfoga la sua rabbia dentro e fuori uno stadio. Nel cronista di turno scatta il riflesso condizionato ed ecco la frase famosa: non sono tifosi, sono teppisti. Varianti: non sono tifosi, sono delinquenti; non sono tifosi, sono criminali; non sono tifosi, sono malviventi. Stop. E' ora di dirlo: sono tifosi, eccome, anzi appassaionati di calcio quanto i milioni di altri che lo guardano impantofolati davanti alla TV. Insomma, il violento, in genere codardo, che attacca in gruppo col passamontagna, non è 'altro' rispetto al mondo del calcio. E' una sua parte, a tutti gli effetti, un parente stretto di tutti i suoi protagonisti. Quei 'signori' con le spranghe sono tifosi, altroché se lo sono. Innamorati della loro squadra del cuore al punto di essere disposti a lasciarci la pelle (o a cavarla a qualcun altro). Dopodichè, se questa verità imbarazza gli esponenti di quel mondo, o gli opinionisti e cantori che ci campano, è un loro problema. Cerchino di farsene una ragione, ma la smettano di prenderci in giro. Anche se un po' di ragione gli va data:  quelli che hanno umiliato Roma non sono tifosi. Sono tifosissimi.

VIDEO MARE QUANT'E' BELLO

Una notizia sorprendente ci ricorda quanto dobbiamo essere attenti, nell'Evo post moderno, a ciò in cui crediamo e quanto dobbiamo essere bravi nel 'discernere' prima di decidere se e in che misura farci atterrire da Qualcuno o da Qualcosa. Avete presente il video della spaventosa decapitazione seriale sulle sbiagge della Libia da parte dei seguaci dell'Uomo nero detto anche Califfo? E avete presente l'impatto psicologico che quella clip di pochi minuti ha avuto su tutti noi, tremebondi abitanti dell'Occidente sotto assedio? Ecco, quel video è falso, secondo Veryan Khan, responsabile del Terrorism Research & Analysis Consortium (Trac) sguinzagliato dalla televisione americana Fox alla ricerca di dettagli rivelatori del tarocco. Secondo l'esperto, il boia che recita i capi d'accusa davanti ai cristiani copti poi sgozzati sarebbe troppo grande rispetto allo sfondo, i miliziani, alle spalle delle vittime, avrebbero proporzioni inverosimili, il rumore del mare sa tanto di colonna sonora rubata a un film di cassetta, il sangue sgorgherebbe dai pixel di un programma informatico. Ora, il perchè e il percome quel video sia stato falsificato, se in tutto o in parte, se per motivi decisi dagli jihadisti o da coloro che eventualmente li manovrano, è secondario. Anche questa news potrebbe essere falsa, a ben vedere. Ci deve preoccupare, assai più dei mostri che la TV ci 'mostra', il Mostro che, dietro la TV, decide cosa mostrarci. Il dubbio metodico, cartesiano, oggi più che mai, è la sola difesa che ci resta. Tutti gli altarini scoperti negli ultimi anni (dietro le quinte delle versioni 'ortodosse') ci insegnano che c'è un diffuso interesse, diffusamente coltivato, a colpire i telespettatori per indurre stati d'animo collettivi generatori di reazioni programmate. E ci insegnano, altresì, che al mondo c'è una sola persona più stupida del complottista assoluto ed è l'anticomplottista a prescindere, quel babbeo istituzionale (spesso uomo di fama, assoldato da media di grido) che  presidia le verità ufficiali a prezzo del ridicolo. Dovete guardarvi da questa figura prima ancora che dalle ansie che ama instillarvi perchè adora le persone spensierate, cioè senza pensieri propri. E vi ha nel mirino.

LA RICREAZIONE E' FINITA

Renzi e Tsipras hanno più di qualcosa in comune, soprattutto la stupefacente capacità di vedere l'invisibile, di parlare 'con i morti' come il bambino del film Il sesto senso. Anzi, con le divinità. I due leader 'accedono' a una dimensione inattingibile agli umani, una specie di iperuranio platonico dove vivono le Idee di ciò che i nostri campioni desiderano, del mondo come lo vorrebbero, delle imprese che sono persuasi di poter realizzare o, addirittura, di aver già realizzato. Poco importa che quelle idee non si siano mai tradotte in realtà, che il mondo sia rimasto tal quale era prima del loro arrivo, che le imprese eroiche di cui si credevano capaci siano ancora sulla carta. Sfidando logica e prudenza, rilasciano dichiarazioni che trasudano orgoglio e vanagloria. Il premier nostrano, alla conferenza stampa di presentazione dei decreti attuativi del job's act, ha dichiarato testualmente di essere stupito di se stesso, sbalordito per l'enorme mole di risultati conseguiti in un solo anno di attività. Tsipras, per parte sua, ha cantato vittoria alla fine della prima trattativa con gli eurocrati, dicendo: "Abbiamo raggiunto il nostro principale obiettivo". Poi vai a guardare e scopri che, dopo 300 giorni di Renzi, il rapporto debito/pil è peggiorato, il debito pubblico (che, con Letta, era al 127,9%) è al 132,8%, la produzione industriale è calata, i disoccupati sono cresciuti di 156.000 unità, le riforme messe nero su bianco sono state 25 in meno rispetto a quelle di Letta. Passi al greco e ti avvedi che gli hanno semplicemente allungato l'agonia di quattro mesi in cambio dell'attuazione delle riforme del memorandum Trojka contro le quali si era tanto battuto in campagna elettorale. Insomma, son come bambini fatti giocare al parco dalle maestre. Gli lasciano dire quello che vogliono, tanto non fanno del male a nessuno di coloro che decidono davvero. "Abbiamo battuto i banditi, siamo i cow boy più forti del mondo!". "Come no, ragazzi, adesso però torniamo in classe che la ricreazione è finita".

IMBOCCA IL LUPO

Uno degli aspetti più grotteschi del job's act è costituito dalla manipolazione linguistica, un tema troppo spesso sottovalutato, ma decisivo, soprattutto quando si parla di Matteo Renzi e degli stilnovisti che gli scrivono i discorsi e le battute. Nel neo-mondo renziano cui siamo approdati dopo aver digerito la lugubre allure di Monti e la spocchia secchiona di Letta le parole contano più dei fatti. Anzi, i fatti sono solo una sottostruttura variabile e inessenziale della parola. L'importante è che la gente interiorizzi dei concetti semplici, facili da capire e da esprimere. E questi concetti devono innescare uno stato d'animo in chi  li ascolta. Ad esempio, la distruzione programmata dei diritti del lavoro e dei lavoratori viene battezzata come 'tutela crescente'. Poi basta un qualsiasi pigmeo cerebrale (e dargli magari un giro di chiave sulla schiena) in grado di destreggiarsi con quello che, nei giochini linguistici, si chiama contro obiezione. Se qualcuno accusa Renzi di non fare gli interessi della parte debole della contrattazione, ma delle grandi aziende, il servitor fedele risponde: "Non è questione di favorire questo o quello, ma di proteggere tutti con tutele crescenti". Altri fantastici trucchi di scena sono la 'flessibilità' (il dipendente non deve essere troppo rigidamente legato alla propria scrivania, ma 'flessibilmente' disponibile a piegarsi a novanta gradi), i 'contratti di solidarietà' (ti sforbiciano il salario  per poterlo abbassare in ugual modo a un altro sfigato povero cristo come te), i contratti di solidarietà 'in chiave espansiva' (barocca variazione sul tema, implicante riduzione di diritti a tutti per  assumere nuovi occupati marginali e sottopagati) e, infine, il 'modello solidaristico' (in sostanza, danno le ferie a un tuo collega, se tu rinunci alle tue). Lo so che  è umiliante e manipolatorio, e addirittura incredibile che proprio il PD avvalori questa sistematica destrutturazione di antiche conquiste. Possibile che il più grande partito della sinistra italiana abbia scelto di stare dalla parte del lupo? Possibile che si sia ridotto a uno scendiletto del grande capitale?   Ma no, state sereni. E' solo un predellino per favorire la crescita.

VIENI AVANTI DECRETINO

Ricordate la mitica lenzuolata di Bersani che, nel 2006, avrebbe dovuto costituire il turbopropulsore per una supercrescita 'cinese' dell'economia italiana? Consisteva nella magica ricetta liberalizzazioni+privatizzazioni. Dopo di che arrivò la più devastante crisi economica degli ultimi cinquant'anni. Non vogliamo dire che la scatenò il democratico Pierluigi, sia chiaro. Lui era solo un post comunista convertito al Nuovo Testamento economico, lo stesso che eccitava (ed eccita) i Berluscones quando vanno in brodo di giuggiole nel definirsi liberali o liberisti. Ecco, quella roba lì è la stessa identica ricetta che caratterizza le ultime riforme renziane. E i Compagni di ieri, quelli che inneggiavano alla rivoluzione anticapitalista, sono i più zelanti esecutori o propugnatori dell'evangelo economico neotestamentario. Nonostante i dati di fatto stiano lì ad urlare che proprio quelle soluzioni hanno devastato il pianeta negli ultimi tre decenni di globalizzazione, nonostante le statistiche di qualsiasi serio analista dimostrino che quella road map ha messo in ginocchio un intero continente, loro vanno avanti per la stessa strada. Certo, non bisogna prendersela con Renzi  & Company. Stiamo parlando di executors  che si limitano a implementare l'unica linea di condotta oggi praticabile per non essere messi alla berlina dai mezzi di ipnotizzazione di massa. Quindi, avanti popolo con l'ennesima riformina per gonfiare il portafoglio delle compagnie di assicurazione (in cambio delle fantomatiche riduzioni di premio e della puritana 'lotta alle frodi') e avanti soprattutto con lo sgretolamento scientifico del piccolo mondo antico fatto di liberi professionisti, piccoli commercianti, bottegai, siano essi avvocati, commercialisti, farmacisti o conducenti di taxi. Se rientri in una di queste categorie sei solo un dead men walking, un uomo morto che cammina. Quando leggi, nei decreti del governo, la locuzione 'ingresso di soci di capitale', significa che devi togliere l'aggettivo 'libero' dalla parola professionista. Lo hai capito o no chi sono 'i soci'? Dei facoltosi anonimi che, a fine mese, ti daranno la paghetta che ora ti guadagni da solo. Se la sfanghi questo giro, non ce la farai col prossimo. Ogni semestre è buono per la riforma 'conclusiva'. Dopotutto, sei solo un intralcio cretino sul tragitto segnato della competitività. E un decretino ti seppellirà.

GIOVENTU' BRUCIATA

Il Censis ha certificato quello che qualsiasi persona mediamente informata aveva già capito da un pezzo: cari ragazzi, se tutto va bene siete rovinati. I giovani più fortunati sono circa 3,4 milioni di workers ben inseriti nel mercato del lavoro attuale, quello del trattato di Schengen  e delle riforme strutturali, del paradiso comunitario e delle tutele crescenti. Si tratta del 65% dei cosiddetti millennials (fascia d'età fra i 18 e i 34 anni). Bene, questi nati con la camicia riusciranno a strappare allo stato sociale una pensione da meno di mille euro al mese. Ora parliamo degli altri, cioè di 890.000 giovanotti autonomi o con contratti di collaborazione e di 2,3 milioni di Neet, cioè disoccupati che non studiano nè lavorano. Questi parenti 'poverissimi' dei fratelli poveri (ma fortunati) di cui sopra saranno i barboni di domani, clochard di ritorno di quell'Italia del welfare che il partito democratico dei Renzie boys, con la stessa certosina pazienza dei suoi predecessori, sta facendo a pezzi. Non ci vuole il mago Otelma e neanche un analyst della Nasa per capire che stiamo meticolosamente fabbricando una polveriera sociale che darà i suoi frutti esplosivi fra qualche decennio. Se fate parte della generazione precedente e siete riusciti a scavarvi una nicchia di comodità non siate troppo sicuri di conservarla. Una marea di 'zombie sociali' border line verrà a prendervi, casa per casa, per reclamare la fetta della torta che  gli è stata negata. E non avranno nè voglia nè tempo di discutere di riforme strutturali.

TTiPPAREVA

Sapete cos'è il Ttip? E' quella cosa che somiglia al Mercato Unico Europeo, ma in versione megatronica, molto più sofisticata e perversa. Se con la Cee e la Ue non avete sofferto abbastanza, se il vostro masochismo ha ambizioni universali allora sbrigatevi che c'è ancora posto. Il Ttip è il trattato di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti d'America. Il 6 febbraio di quest'anno si è tenuto l'ottavo round del negoziato e in nostra rappresentanza c'era (tentevi forte) Jean Claude Junker (è difficile non commuoversi, lo so), presidente delle Eccellentissima Commissione Europea. L'idea di questi geniacci rubati a una casa di cura è costruire un'unica area di libero scambio tra vecchio e nuovo continente senza barriere doganali nè tariffe nè dazi. Ovviamente l'esito sarebbe la Terra Promessa, quella che ci avevano garantito con l'Euro, ma che, per qualche imponderabile fattore (ci sono indagini in corso...), non ha dato i risultati sperati. Una delle chicche straordinarie di questo accordo è il cosiddetto Isds (Investor state dispute settlement). Si tratta di una sorta di arbitrato unico internazionale per dirimere le controversie fra Stati e Società Multinazionali. Risultato: se l'Italia ritenesse che Alpha Corporation spaccia porcherie ogm o cibi violanti le soglie minime di sicurezza non potrebbe rifiutarsi sic et simpliciter di consentirne lo smercio (sarebbe una soluzione medievale, da stati sovrani), ma dovrebbe accettare di sottoporre la vexata quaestio a un arbitrato internazionale e digerirne il verdetto. Bene, in Francia le opposizioni (di destra e di estrema sinistra) hanno proposto e ottenuto il placet a una risoluzione che chiede alla Eccellentissima Commissione Ue di abolire la clausola Isds. E in Italia? Renzi ha ribadito che il Ttip ha l'appoggio totale e incondizionato del governo italiano. E chi aveva dubbi? Sempre in prima linea se c'è da piegare la schiena.

IL PARTITO DEMOSCOPICO

Il bulletto e la sua banda di aggraziate valchirie, per quanto palesemente sprovveduti, per quanto apparentemente innocui, per quanto probabilmente eterodiretti (a loro insaputa, s'intende), non si fanno mancare mai la perfidia quotidiana dello spaccone. Oggi è un tweet, domani una battuta, dopodomani un calembour partorito dalla legione di spin doctor sguinzagliati dietro le quinte. Non fosse per la protervia, sarebbero persino divertenti. In fondo, eravamo caduti così in basso, con la destra e la sinistra post tangentopoli, che pareva quasi una immeritata ricreazione l'invasione inaspettata degli ultracorpi (supppperggggiovani). Però, quando ti accorgi quanto facciano sul serio, qualche brivido sulla schiena ti corre. Questi qua pensano davvero di poter sventrare la costituzione italiana a colpi di maggioranza. Il pudore è un concetto ottocentesco non contemplato dai loro dizionari di quaranta parole. Basterebbe poco per provare la giusta vergogna e ritirarsi in buon ordine. Basterebbe compitare, con buon ordine,  l'esemplare lista di controindicazioni alla supponenza riformatrice renziana: 1) Renzi non ha mai preso parte a un'elezione politica nazionale; 2) Renzi è stato eletto Presidente di una Provincia e Sindaco di un Comune 'blindati' dove avrebbe vinto anche il Gabibbo se si fosse presentato al suo posto; 3) Renzi non ha mai chiesto e ottenuto un'investitura popolare sul programma di ingegneria costituzionale che ora porta avanti; 4) il partito democratico ha perso le elezioni del 2013, per ammissione del suo stesso leader di allora; 5) l'affluenza a quelle elezioni è stata del 75%; 6) il partito democratico ha ottenuto il 25,42% di consensi alla Camera e il  29,33% al senato; 7) il partito democratico ha partorito due governi solo grazie alla stampella di un pezzo schizofrenico della compagine avversaria (una volta si chiamava ribaltone, ma è rimasta comunque una cosa infingarda); 8) ergo, Renzi e la sua squadra di farfalle stanno radendo al suolo le fondamenta della nostra malmessa democrazia in rappresentanza di meno di un italiano su sette. Ma loro possono farlo, tranquilli. Parlano sempre in nome del paese, ne auscultano gli umori, ne interpretano la pancia. Non sono politici, ma sondaggisti ambulanti, che sanno ciò di cui abbiamo bisogno prima ancora che glielo domandiamo. C'erano tanti partiti, ma ne resterà uno solo, il loro ovviamente. Il Partito Demoscopico.

THE ISIS HORROR PICTURE SHOW

I nostri padri avevano il capitale più  le rivendicazioni operaie più la lotta di classe più le brigate rosse più il terrorismo nazionale. Totale: paura. Noi abbiamo avuto l'undici settembre più Al Qaeda  più la guerra al terrorismo più le armi di distruzioni di massa più la globalizzazione più l'invasione dell'Irak e dell'Afganistan. Totale: paura. Ora abbiamo l'islamismo radicale più l'Isis più l'estremismo mussulmano più i tagliatori di teste più il califfato più le bande nere di Boko Haram più la jiahd mondialista. Totale: paura. Un momento. Dove sono finite le angosce degli anni Settanta e i luoghi comuni di cui si nutrivano, le password che le attivavano, i tic nervosi che suscitavano nel telespettatore medio (molto meno 'bombardato' di noi, ma già condizionato a sufficienza)? Evaporate come neve al sole. Puff! Scomparse. Eppure, manco quarant'anni fa, lo scontro borghesia-proletariato era la madre di tutte le battaglie. Ci sbagliavamo. Era solo una tentacolare psicopatologia collettiva, implosa su se stessa una volta svanite  le energie mentali di chi ci credeva e di cui essa si alimentava. Oggi, in compenso, abbiamo un altro horror movie dove domina il nero dei turbanti barbuti anzichè il rosso delle rivoltelle comuniste. E, come ieri, l'etere è invaso dalle 'nuove' parole d'ordine ripetute all'infinito così da creare un'altra matassa gommosa di bile e nevrosi di massa, un blob che si autoricarica coi nostri incubi privati e con le  nostre pubbliche paranoie. Dissolto un nemico, se ne profila un altro all'orizzonte, più  spietato del primo. Il mondo cambia, la storia gira, ma siamo sempre daccapo in un Monopoli  dove, fra troppi imprevisti letali e poche probabilità di sfangarla,   il solo motore immobile (e certo) è la Paura. Ne siamo schiavi, come un tossico della roba. E c'è sempre 'qualcuno' pronto a rifornirci.