CI HO DUE PANZANE
La recente
conferenza di Parigi sul clima offre il destro per due o tre pensierini. Per
esempio, c’è una nuova categoria di fondamentalisti che non ha connotati
religiosi, ma è più tosta e cazzuta di un partigiano dell’Isis. Se vi imbattete
in un componente della green brigade
(chiamiamola così per comodità) lo riconoscete da due cose: una fede granitica,
proprio come i seguaci di un mullah, e una misericordia selettiva, proprio come
l’anima nera di chi piange di gioia per i morti di Parigi. Stiamo parlando dei mujaheddhin dell’ecofondamentalismo
globale con un solo obiettivo nella vita, e cioè abbassare quanto prima i gradi
della temperatura terrestre, a qualunque costo. Se gli proponi di elevare di un
cincinin i gradi del loro QI ti
guardano storto e ti stordiscono con un monito pararenziano, tipo: “Il mio QI
conta molto meno della febbre di Gaia”. Dove Gaia, per chi lo ignorasse, sta
per Madre Terra, una sorta di Potnia
arcaica, o di Magna Mater ellenica
cui tutto va sacrificato (esseri umani
compresi) pur di combattere il fottuto global
warming. Direte che la faccio facile, che il fondamentalista islamico è
mosso da una fiducia criminale nell’irrazionale, mentre l’adepto di Gaia è
sostenuto da una solida confidenza con la scienza. Mica vero. Quello del
riscaldamento globale di natura antropogenica (cioè causato dagli umani brutti,
cattivi e soprattutto sporchi) è l’esito di un processo
di natura mitopoietica, è un mito ottenuto in provetta unendo una verità
empirica (l’innalzamento del calore planetario) con una sconclusionata conclusione (l’attribuzione del fenomeno a una
matrice umana). In altre parole, la leggenda metropolitana del global warming si regge su un sillogismo
che Aristotele avrebbe segnato con doppia matita rossa. Premessa maggiore: la
terra si sta scaldando; premessa minore: il CO2 emesso dai manufatti antropici genera
calore; conclusione: il CO2 umano sta surriscaldando il pianeta. Bene, su
questa gigantesca falsificazione linguistica si regge la mitologia che spopola
nelle sale piene del palazzo di vetro dell’ONU e nelle zucche vuote dei leaders
di stato. Che di una balla si tratti non lo diciamo noi, ma, tra altri seri
accademici, lo scienziato Antonino Zichichi, il quale, da presidente della World Federetion of Scientists di
Ginevra, nel 2007 affermò che l’Uomo incide sui cambiamenti climatici per una
percentuale pari a zero e “sulle anomalie metereologiche al massimo un 10%, ma resta il 90% che è
assolutamente naturale”. “Ammappete oh!” dirà l’ecofondamentalista,
sistemandosi il neurone nel capino: “ma chi gli ha dato la patente a ‘sto
scienziato?”.
Franesco Carraro
www.francescocarraro.com
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