Renzi torna, per
la sesta volta dal 2010, alla Leopolda e riunisce i suoi accoliti nel solito
rito collettivo di auto-esaltazione. Una cerimonia, com’è noto, parecchio
americana con lo stile finto minimalista, le sessioni di coaching
motivazionale, la camminata sui carboni ardenti della fede nel maximo leader,
tutta la paccottiglia da formazione aziendale che potete ottenere, in versione
più cool, a qualsiasi corso di
formazione aziendale. Della Leopolda nessuno ha messo in rilievo un aspetto e
cioè che il guru politico del Verbo
abbia scelto un luogo dal nome così buffo per la celebrazione di sé. Leopolda è un lemma che sa tanto di
cartone animato, richiama i wurstel di un personaggio di Popeye piuttosto che le sorti progressive additate dal Kennedy de noantri. Se lo dite a un renzista
duro e puro vi rivolterà il calzino con una frase di pregio, probabilmente
quella del dito e della luna o qualche altra della lista di detti memorabili&accattivanti che i discepoli
del Salvatore sgranocchiano come M&M’s. Ove capitasse, dovete rispondere
che il nome Leopolda non va
trascurato nella misura in cui può danneggiare la scrittura del vangelo
apocrifo degli esordi di una stella quale il giovane fenomeno fiorentino.
Allora vi daranno retta e vi chiederanno, preoccupati, perché. Ditegli che Leopolda non si può davvero sentire, è
una roba foneticamente orribile, rima con manigolda,
ricorda le prese in giro da asilo, puzza di ciccio
bomba canottiere più che profumare di svolta
buona. Uno svarione semantico tremendo per uno che sul Verbo ha costruito la carriera. Perché questa è la cifra del
renzismo, al netto di ogni critica alla sostanza dei suoi provvedimenti. È sciocco
censurare la sostanza di un politico calibrato
sulla forma, sull’uso manipolatorio e
spericolato del verbo. Il renzismo è Verbo,
dall’inizio alla fine. Soprattutto alla fine, a ben pensarci, se consideriamo il
risultato della foto di famiglia
scattata dal Censis al nostro paese: l’Italia è ferma, immersa in un “letargo
esistenziale collettivo” dove la politica cerca di trasmettere vitalità ma non
ci riesce. Il che suggerisce una considerazione. Renzi ha anche doti
profetiche. Infatti, in occasione della prima Leopolda, lo slogan era:
“Prossima fermata Italia”. Ha avuto
ragione. Con lui l’Italia si è fermata.
Non poteva essere altrimenti con un politico ‘di parola’, uno col quale il
termine Verbo si sposa da dio.
Peccato che i suoi Sogni, come tutti quelli venduti a buon mercato, rimangano
sempre sulla carta.
Francesco
Carraro.
www.francescocarraro.com
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