ABBI DUBBI
Nota a margine
su una questione interessante: c’è un
termine che sta diventando sempre più popolare, quasi come competitività, riforme, ripresa e il resto della sbobba cucinata
dietro le quinte da ottimi cuochi e servita calda, davanti alle quinte, dai
loro media di riferimento. Il termine è legalità,
declinato al positivo, e corruzione,
declinato al negativo. Non c’è vip della politica o dello spettacolo,
dell’economia o del clero (l’ultimo arruolato alla squadra è il vescovo di
Roma, monsignor Bergoglio, detto Francesco) che non infili le due paroline
magiche nei suoi pistolotti. Viva la legalità, abbasso la corruzione, come abracadabra o apriti sesamo, sim sala bin
o bibidi , bibidi bù. Password buone
a tutti gli usi che se le maneggi, come le prendi, dove le infili, non sbagli
mai. Subito scatta l’applauso ebete della claque. Chi potrà mai opporsi alla
legalità, chi potrà mai apprezzare la corruzione? Sono termini così vaghi, così
elastici, così rarefatti che ci puoi costringere dentro qualsiasi concetto,
anche i più subdoli e infingardi. E allora dove mira chi li usa? E perché li
usa così spesso chi sta in prima fila quando parla a quelli dei loggioni e
delle retrovie? Un motivo, forse, c’è. Legalità significa rispetto della legge,
ma abbiamo una domanda e alziamo la mano (come ci ha insegnato a fare il
Renzi): se la legge è ingiusta, l’illegalità è giusta o sbagliata? Se, nel
mondo che verrà, le leggi le faranno in quattro gatti, tutti molto fichi, e non
più quei verminai di corruzione che sono i parlamenti attuali e se questi
quattro gatti faranno leggi liberticide, contrarie ai diritti dei meno abbienti
o dei più sfigati, l’illegalità sarà un valore o un disvalore? Porsi fuori
dalla legge, o ai suoi margini o in contrasto ad essa, sarà davvero così
iniquo? Non è che lassù si stanno portando avanti coi lavori e iniziano ora una
campagna di odio contro l’illegalità destinata a dare i suoi frutti a tempo
debito? E la corruzione? Di fronte all’impetuoso avanzare delle liberalizzazioni
e delle privatizzazioni che mandano a ramengo interi settori delle libere
professioni, delle mini imprese, dei commercianti al minuto, tutti fagocitati
dalla grande distribuzione, dalle fusioni e dalle incorporazioni, è corrotto un
povero cristo che si arrangia da ‘fuori-legge’ per tenersi a galla? È corrotto
il nanetto che viola le regole del gioco
scritte da Golia per portarsi a casa la pagnotta? Sul fatto che le regole del
gioco saranno, sempre più spesso, scritte a beneficio del secondo, dai suoi
selezionati garzoni, non v’è dubbio. Allora, l’insistenza ipnotica e ossessiva
su questa faccenda della lotta alla corruzione e della beatificazione della
legalità, a cosa è dovuta? Solo all’esigenza vera di combattere
un male attuale? Oppure (soprattutto) al bisogno occulto di preparare
masse legalizzate e incorrotte alla
legge della giungla del mondo che verrà? Chi lo sa? Abbi dubbi, cantava Bennato.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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