domenica 17 gennaio 2016

ABBI DUBBI


ABBI DUBBI

Nota a margine su una questione  interessante: c’è un termine che sta diventando sempre più popolare, quasi come competitività, riforme, ripresa e il resto della sbobba cucinata dietro le quinte da ottimi cuochi e servita calda, davanti alle quinte, dai loro media di riferimento. Il termine è legalità, declinato al positivo, e corruzione, declinato al negativo. Non c’è vip della politica o dello spettacolo, dell’economia o del clero (l’ultimo arruolato alla squadra è il vescovo di Roma, monsignor Bergoglio, detto Francesco) che non infili le due paroline magiche nei suoi pistolotti. Viva la legalità, abbasso la corruzione, come abracadabra o apriti sesamo, sim sala bin o bibidi , bibidi bù. Password buone a tutti gli usi che se le maneggi, come le prendi, dove le infili, non sbagli mai. Subito scatta l’applauso ebete della claque. Chi potrà mai opporsi alla legalità, chi potrà mai apprezzare la corruzione? Sono termini così vaghi, così elastici, così rarefatti che ci puoi costringere dentro qualsiasi concetto, anche i più subdoli e infingardi. E allora dove mira chi li usa? E perché li usa così spesso chi sta in prima fila quando parla a quelli dei loggioni e delle retrovie? Un motivo, forse, c’è.  Legalità significa rispetto della legge, ma abbiamo una domanda e alziamo la mano (come ci ha insegnato a fare il Renzi): se la legge è ingiusta, l’illegalità è giusta o sbagliata? Se, nel mondo che verrà, le leggi le faranno in quattro gatti, tutti molto fichi, e non più quei verminai di corruzione che sono i parlamenti attuali e se questi quattro gatti faranno leggi liberticide, contrarie ai diritti dei meno abbienti o dei più sfigati, l’illegalità sarà un valore o un disvalore? Porsi fuori dalla legge, o ai suoi margini o in contrasto ad essa, sarà davvero così iniquo? Non è che lassù si stanno portando avanti coi lavori e iniziano ora una campagna di odio contro l’illegalità destinata a dare i suoi frutti a tempo debito? E la corruzione? Di fronte all’impetuoso avanzare delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni che mandano a ramengo interi settori delle libere professioni, delle mini imprese, dei commercianti al minuto, tutti fagocitati dalla grande distribuzione, dalle fusioni e dalle incorporazioni, è corrotto un povero cristo che si arrangia da ‘fuori-legge’ per tenersi a galla? È corrotto il nanetto che viola  le regole del gioco scritte da Golia per portarsi a casa la pagnotta? Sul fatto che le regole del gioco saranno, sempre più spesso, scritte a beneficio del secondo, dai suoi selezionati garzoni, non v’è dubbio. Allora, l’insistenza ipnotica e ossessiva su questa faccenda della lotta alla corruzione e della beatificazione della legalità, a cosa  è  dovuta? Solo all’esigenza vera di combattere un male attuale? Oppure (soprattutto) al bisogno occulto di preparare masse  legalizzate e incorrotte alla legge della giungla del mondo che verrà? Chi lo sa? Abbi dubbi, cantava Bennato.

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com

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