RISERVE INDIANE
Uno dei metodi
più sofisticati attraverso cui il Sistema
autogoverna se stesso è quello delle ‘riserve indiane’. Esso consiste
nella creazione di tabù, di argomenti non affrontabili in alcun modo da
chiunque voglia fregiarsi della patente di ‘serio’ professionista. Gli
argomenti indicibili sono delle zone franche, delle riserve
indiane, appunto, in cui è consentita la ‘ricreazione’ di tutti gli eccentrici,
dei picchiatelli, dei mezzi matti del villaggio globale dell’informazione. A
questo punto, creato il reparto parapsichiatrico delle notizie sfigate, il
gioco è fatto. È sufficiente confinare nella riserva indiana qualsiasi tematica scabrosa o scottante per la
matrice, bollandola con epiteti che, di
solito, coincidono con l’aggettivo cospirazionista
o complottista. I cronisti delle
innumerevoli reti di cui si compone la macchina sforna-notizie sono mafiosamente
avvertiti senza bisogno di veline.
Possono parlare di (quasi) tutto, ovviamente seguendo le indicazioni della
direzione editoriale (una libertà vigilata, diciamo), a patto di non infilarsi
in una riserva indiana. Se lo fanno,
automaticamente si beccano il pigiama a righe dei mattacchioni e un
compassionevole sorriso di circostanza. Non
conta se e in che misura il fatto posto sul tavolo sia vero o verosimile,
e neppure se le trame o le singolarità denunciate siano degne di analisi e
sintesi secondo un mero criterio di razionalità baconiana. Conta solo che
appartengano, o meno, ai temi maledetti
di cui chi fa informazione non può nutrirsi. Così, nell’epoca apparentemente
più libera di sempre, con il maggior numero di canali televisivi e di siti
divulgativi e di gazzette cartacee (sia pur moribonde), si è instaurata una sorta
di dittatura invisibile dell’auto-censura. Siamo stati derubati del contributo
di indipendenza e ‘cattiveria’ di alcuni miti del giornalismo d’antan. Quei
miti, se anche si reincarnassero ai giorni nostri, non avrebbero scelta.
Dovrebbero rinunciare alla vocazione originaria di ogni cronista che si
rispetti (servire la verità, in ogni momento, e denunciare lo scandalo, ovunque
si annidi) e mettersi a bottega. Il loro talento verrebbe comunque retribuito e
valorizzato, ma solo se coltivato al di fuori del recinto della riserva indiana. Laddove essi si
cimentassero con le aree del sapere oggetto di anatema, ne avrebbero la
carriera distrutta. È questo il metodo buffo
attraverso il quale veniamo educati, giorno dopo giorno, ad accettare anche
versioni talmente idiote su come va il mondo da rivalutare persino quelle oggettivamente
ridicole del circuito complottista. Infatti, per aggiustare le gambe malferme
di una palafitta di menzogne, occorrono sussidi che abbrutiscono l’insieme, anche da un punto di
vista estetico, non solo da quello sostanziale. Tuttavia, va bene così, basta
ci sia entrato in testa che esiste una informazione ‘ufficiale’ (fatta dai
media generalisti che si regolano da sé e, al massimo, abbaiano l’uno contro
l’altro per spirito di concorrenza) e una versione pazzoide, apocrifa,
fumettistica dei tempi che corrono cui è vietato attingere, pena la morte
civile.
Francesco
Carraro
www.francescocarraro.com
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