Una delle constatazioni più
disarmanti di fronte agli eventi di Parigi è la miopia delle lettura fornite
dai cosiddetti esperti. Pullulano nelle trasmissioni televisive le figure di
docenti, tecnici, professori di geopolitica che si affannano a spiegarci come
tutto nasca da una questione di equilibri topografici. Il che è (anche) vero,
ma non spiega tutto, anzi non spiega quasi nulla. Dicono che il problema nasce
in Siria perché, alla pari di altri stati, mediorientali, il regime siriano è
stato attaccato e destabilizzato. A ogni azione corrisponde una reazione,
quindi i difensori del popolo invaso si vendicano sugli invasori. Ebbene, c’è una
serie di riflessioni poco ‘esperte’ o dilettantescamente esperte che rischiano,
però, di risultare più fondate e credibili di quelle degli esperti professionisti in servizio permanente effettivo. Eccone
qualcuna a caso. Primo: in Siria non c’è (solo) un popolo invaso che combatte
contro un invasore, ci sono plurime fazioni dello stesso popolo che si
combattono tra loro, l’una contro l’altra armate e, spesso, armate proprio dai
paesi che dichiarano di avere come mission
l’esportazione della pace e della democrazia nel mondo. Secondo: se è plausibile
e logico che un popolo si difenda in massa e in loco, ove invaso, non lo è altrettanto che quel popolo si
difenda offendendo altrove. L’Isis dice di aver agito per ritorsione contro i
bombardamenti subiti dalla gente siriana, sennonché molta della gente siriana
l’Isis lo combatte e lo odia volentieri. Inoltre, l’Isis non reagisce nel territorio
di sua competenza, ma esporta la difesa dietro le linee del nemico. Ergo, la
Francia paga perché fa parte della coalizione di ‘volenterosi’ che spara
missili contro Damasco? Ma allora perché minacciare Roma? La verità è che il
gioco è molto meno politico e territoriale di quanto si creda e assai più
religioso e di coscienza. L’Isis non vuole tanto o solo difendersi, quanto
piuttosto e soprattutto offendere cioè esportare nel mondo la sua visione
religiosa totalitaria. Per orientarci dobbiamo mettere in campo le categorie
della fede e della manipolazione psicologica piuttosto che quelle tradizionali
della sovranità territoriale lesa e delle ambizioni di autogoverno etnico di una nazione sopraffatta. In
altre parole, anche senza il manicomio siriano, l’Isis avrebbe colpito lo
stesso. Il califfato è una nuova potenza idiologica
e, alla pare di qualsiasi altra, ambisce al dominio delle nostre menti prima
ancora che dei nostri territori. Un tema affascinante, a questo punto, sarebbe
quello di indagare le ‘sorgenti del Nilo’ dell’Isis, per così dire. Ovverossia,
quanto ci sia di genuinamente imponderabile, di naturale insomma, nelle
metastasi di questo tumore idiologico,
e quanto, invece, di lucidamente voluto e miscelato in vitro per destabilizzare le nostre esistenze col terrore.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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