Qualcosa di buono in Europa
c'è, quindi stanno lavorando per eliminarlo. Ci riferiamo al principio di
precauzione citato dall'articolo 191 del TFUE e dalla Comunicazione della
Commissione Europea del 2 febbraio 2000. Praticamente significa, in ambito
alimentare, che se un cibo è anche solo sospettato di effetti dannosi per il
consumatore è doveroso ritirarlo dal mercato. Come dire: in dubio pro
homine, nel dubbio tuteliamo la persona che quel cibo lo mangia e
non il profitto di chi quel cibo lo vende. Negli USA, dove van per le spicce,
c'è un criterio antitetico 'fondato sulla scienza'. Cioè, prima di
rompere i maroni con cavilli da francescano devi dimostrare
in-con-fu-ta-bil-men-te che una merce è pericolosa e, solo dopo, puoi penalizzare
il mercato. Occhio: i centri per la prevenzione e il controllo delle malattie,
negli Stati Uniti, stimano in 48 milioni le persone colpite, ogni anno,
da foodborne illness cioè da patologie alimentari dovute a cibi nobbuoni.
Molto bene, col Ttip, il trattato di libero scambio e commercio tra Vecchio e
Nuovo Mondo, i cui round procedono a marce forzate, l'oceano di distanza tra
noi e loro si asciugherà e vivremo felici in un Eden senza più frontiere. E
senza più principio di precauzione? Giammai, ti diranno inorriditi i
rappresentanti della novelle vague renziana che gongolano per il Ttip.
Ma i ceo delle corporations (che si stanno leccando i baffi al grido di
'piatto ricco mi ci ficco') hanno l'asso nella manica. Nel trattato c'è la
cosiddetta clausola Isds. Prevede che, laddove uno Stato, in un inopinato
delirio di onnipotenza sovrana, decida di vietare, che so io, i polli al cloro
o i manzi all'antibiotico, potrà essere citato in giudizio (dall'azienda
'danneggiata') per danni milionari davanti a una corte arbitrale privata.
Che ne farà polpette.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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