Renzi è tornato dalla guerra e ci ha regalato alcune perle
memorabili in una intervista a tutto campo dove ha affrontato i temi spinosi
trascurati durante la campagna di Afghanistan. Fior da fiore, ne scegliamo due
di imperdibili. La prima è quella sul risultato delle regionali che non va
confrontato con quello delle europee perché non si paragonano le mele e le
pere. Strano, perché è proprio grazie alle mele camuffate da pere (o alle pere
truccate da mele, fate vobis) che Renzi governa il Paese alla
guida di un partito che, per ammissione del suo leader che fu, aveva perso le
ultime elezioni politiche. Lo governa senza aver partecipato alle elezioni che
il suo partito aveva perso, lo governa senza essersi mai candidato a
un'elezione politica, lo governa con l'appoggio determinante di candidati
dell'altra sponda 'ribaltatisi' a sostenere la sua e lo governa in forza del
monumentale bagno di consensi (il quaranta per cento, capitemi, il quaranta per
cento!) ottenuto dal suo partito a una elezione (europea) che, per stare alla
metafora, c'entra quanto una pera con una mela. E allora perché lo fa? Ci è o
ci fa? La risposta la trovate nella medesima intervista laddove il nostro fa
ammenda su come il suo partito ha gestito la vicenda della scuola e dice
testualmente: "è colpa di un racconto sbagliato da parte del
governo". Ecco la chiave di volta, l'ombelico del mondo renziano e dei
pianeti e satelliti che gli gravitano attorno: il racconto. A Renzilandia non
contano i fatti, ma i racconti, non i contenuti, ma il modo attraverso il quale
quei contenuti sono veicolati. E' il trionfo della programmazione
neurolinguistica, la disciplina cui gli spin doctor del premier attingono a
piene mani. Una delle sue caratteristiche è proprio il lavoro sulla 'lingua' e
sul 'programma' cioè sulle tecniche di manipolazione verbale che
consentono la cosmesi di fatti
negativi imbellettandoli con un racconto positivo. Non
sottovalutatela. Da come guardi il mondo tutto dipende e 'imbellettamento' si
legge 'ristrutturazione'. Il fatto è piegato al diritto di trasmutarne
l'essenza perché è il leader che (sofisticamente) 'crea' la realtà
che l'elettore medio 'vede', proprio come il prestigiatore dà vita
all'illusione cui lo spettatore crede. E' così che un partito di destra viene
chiamato 'di sinistra', una sconfitta alle politiche diventa una vittoria
capitale, un sindaco si fa premier, un 40% alle europee è un
plebiscito per l'eternità e un tonfo è un trionfo. Il racconto
giusto genera il messia sbagliato. Quello a lungo atteso che magari non trasforma
l'acqua in vino, ma, come minimo, le mele in pere.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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