Quale corto circuito si scatena se, nello stesso giorno, leggi
le intercettazioni degli abitatori del 'mondo di mezzo' e della loro amorale
voracità e poi la solita sbobba di qualche comparsa governativa sulla 'buona
scuola' e, infine, assisti a un'esibizione di karate per bambini a una
sagra parrocchiale? Partiamo dall'ultima che ho detto. Magari scopri che kara-te
significa mano vuota, cioè l'esatto contrario del simbolo degli affiliati
a Mafia Capitale: la mano piena (di quattrini). Poi apprendi che quella
peculiare scuola di karate che ha allestito il saggio ha nome Shin gi tai
cioè 'corpo-mente-tecnica' e che, nella consegna delle cinture colorate ai
ragazzi che 'superano l'esame', in quel rito di passaggio durante il quale le
cinture antiche finiscono a terra e quelle nuove annodate alla cintola,
c'è tutto il senso del 'molto' che a noi manca, come Società e come Scuola.
Quel 'molto' che si chiama disciplina interiore, coltivazione del
carattere, formazione della personalità e che si traduce nei volti sorridenti
dei piccoli samurai e nelle espressioni sfumate di fierezza di adolescenti e
giovani uomini in kimono, a piedi nudi, sulla piastra di basket di un
patronato. Giovani uomini che lì, nella periferia delle nostre città e in
quella della nostra tradizione (occidentale), trovano ciò che questo mondo
non gli sa (forse non gli può più) dare: il 'fuoco' dell'iniziazione, la
cultura, anzi la 'coltura', del sé, il valore del rispetto, dell'introspezione,
del miglioramento finalizzato non ad avere risorse maggiori, ma ad essere
uomini migliori. Ovviamente non è questione di karate; il karate è una delle
possibili vie, ma turba il fatto che, all'orizzonte, non se ne vedano molte
altre. E, in questo deserto, proliferano i mezzi figuri del mondo di mezzo e il
loro approccio bestiale e predatorio alla vita, dove 'mangiarsi' una città,
spolparla, è la conseguenza non evitabile di un'assenza 'infantile' di riti, di
miti, di 'discipline iniziatiche'. Diciamo pure di 'comandamenti' trasmessi da
maestri in grado di orientare alle stelle. C'entra questo con la riforma della
scuola? Un po' sì perché chi la sta costruendo pare concepirla come un
barattolo da riempire fino all'orlo di contenuti, di nozioni, di saperi per
forgiare soldatini tarati sul metro della competitività. Quest'idea di
istruzione non produce certo le scorie della mala capitolina, ma non va neppure
nella direzione contraria a un certo modo 'materiale' e pragmatico di concepire
l'esistenza. Dove ciò che conta è comunque l'accumulo, la crescita esteriore
(dell'economia), non la Crescita Interiore (di una filosofia). In definitiva, e
tornando al principio, non di corto circuito si tratta, ma di un circuito
lungo, anzi lunghissimo da fare prima di approdare alla 'mano vuota' di una
sagra di paese. Ma forse vale la pena percorrerlo.
Francesco Carraro www.francescocarraro.com
Nessun commento:
Posta un commento