domenica 7 giugno 2015

KARATE KID


 

Quale corto circuito si scatena se, nello stesso giorno, leggi le intercettazioni degli abitatori del 'mondo di mezzo' e della loro amorale voracità e poi la solita sbobba di qualche comparsa governativa sulla 'buona scuola' e, infine,  assisti a un'esibizione di karate per bambini a una sagra parrocchiale? Partiamo dall'ultima che ho detto. Magari scopri che kara-te significa mano vuota,  cioè l'esatto contrario del simbolo degli affiliati a Mafia Capitale: la mano piena (di quattrini). Poi apprendi che quella peculiare scuola di karate che ha allestito il saggio ha nome Shin gi tai cioè 'corpo-mente-tecnica' e che, nella consegna delle cinture colorate ai ragazzi che 'superano l'esame', in quel rito di passaggio durante il quale le cinture antiche finiscono a terra e  quelle nuove annodate alla cintola, c'è tutto il senso del 'molto' che a noi manca, come Società e come Scuola. Quel 'molto' che si chiama disciplina interiore, coltivazione del carattere, formazione della personalità e che si traduce nei volti sorridenti dei piccoli samurai e nelle espressioni sfumate di fierezza di adolescenti e giovani uomini in kimono, a piedi nudi, sulla piastra di basket di un patronato. Giovani uomini che lì, nella periferia delle nostre città e in quella della nostra tradizione (occidentale), trovano ciò che questo mondo non gli sa (forse non gli può più) dare: il 'fuoco' dell'iniziazione, la cultura, anzi la 'coltura', del sé, il valore del rispetto, dell'introspezione, del miglioramento finalizzato non ad avere risorse maggiori, ma ad essere uomini migliori. Ovviamente non è questione di karate; il karate è una delle possibili vie, ma turba il fatto che, all'orizzonte, non se ne vedano molte altre. E, in questo deserto, proliferano i mezzi figuri del mondo di mezzo e il loro approccio bestiale e predatorio alla vita, dove 'mangiarsi' una città, spolparla, è la conseguenza non evitabile di un'assenza 'infantile' di riti, di miti, di 'discipline iniziatiche'. Diciamo pure di 'comandamenti' trasmessi da maestri in grado di orientare alle stelle. C'entra questo con la riforma della scuola? Un po' sì perché chi la sta costruendo pare concepirla come un barattolo da riempire fino all'orlo di contenuti, di nozioni, di saperi per forgiare soldatini tarati sul metro della competitività. Quest'idea di istruzione non produce certo le scorie della mala capitolina, ma non va neppure nella direzione contraria a un certo modo 'materiale' e pragmatico di concepire l'esistenza. Dove ciò che conta è comunque l'accumulo, la crescita esteriore (dell'economia), non la Crescita Interiore (di una filosofia). In definitiva, e tornando al principio, non di corto circuito si tratta, ma di un circuito lungo, anzi lunghissimo da fare prima di approdare alla 'mano vuota' di una sagra di paese. Ma forse vale la pena percorrerlo.

Francesco Carraro   www.francescocarraro.com

 

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